Rassegna Stampa

Appello su Famiglia Cristiana dei prelati di frontiera contro i "collusi e corrotti"
Da Mogavero a don Riboldi, tra le proposte anche uno "sciopero elettorale"

Mafia, la protesta dei vescovi del Sud
"Basta feste religiose nei comuni collusi"

di ALESSANDRA ZINITI

PALERMO - Basta con la timidezza della Chiesa, basta con il sostegno ai politici che scendono a patti con la criminalità, basta con la falsa religiosità dei mafiosi. Dopo il documento della Cei sul Mezzogiorno, scendono in campo i presuli di trincea con due proposte forti: uno "sciopero elettorale" che sottolinei l'inadeguatezza della classe politica e l'abolizione delle feste religiose nei paesi in cui regna la criminalità mafiosa.
Da Locri ad Acerra, da Mazara del Vallo ad Agrigento: i vescovi di frontiera parlano dalle colonne di Famiglia cristiana e fanno autocritica per le timidezze del clero. Così Domenico Mogavero, vescovo di Mazara del Vallo e presidente del Consiglio per gli affari giuridici della Conferenza episcopale italiana, teme una Chiesa "icona dell'antimafia", che sollevi i singoli dalle proprie responsabilità e lancia il guanto di sfida per non lasciare lettera morta il recente documento della Cei sul Mezzogiorno. "Se dopo Pasqua nessuno ne parlerà, avremo fallito. Anche nelle nostre comunità - dice - occorre riflettere sul senso della parola terribile citata nel documento: collusione". Monsignor Mogavero, che nei giorni scorsi era intervenuto con durezza sul decreto per la riammissione delle liste del Pdl per le Regionali e sulle leggi "ad personam", ora invita i fedeli ad azioni dimostrative: "Ogni comunità - propone - scelga un argomento in relazione alla situazione del proprio territorio e agisca: pizzo, usura, corruzione della politica, mafia devota che offre soldi per le feste popolari".
Invita invece ad uno sciopero elettorale don Riboldi. "Adesso tocca a noi - dice il vescovo di Acerra - Ai politici bisogna dire: o ascoltate la nostra voce, o non vi votiamo più. I cristiani al Sud devono svegliarsi. Oggi sono continuamente assistiti. Il Mezzogiorno non è l'Italia, oggi si può dire che è una zona annessa. Sarà brutto, ma è così. In 50 anni al Sud ho visto solo parole ed errori: fabbriche nate e morte, terreni agricoli devastati, turismo in abbandono. Le mafie hanno avuto terreno fertile, arato dallo Stato e da un sistema di corruzione e di collusione impostato con straordinaria efficacia. E la gente ha subito e si è rassegnata". Don Riboldi non risparmia dure critiche ai rappresentanti delle istituzioni: "La cultura dell'illegalità è stata diffusa dallo Stato. E non mi consola vedere che proprio chi ha contribuito alla logica della corruzione propone una legge contro di essa. La camorra domina i cuori e le menti. Impedisce ai ragazzini di andare a scuola, perché è lei che li vuole educare. Eppure tagliamo i fondi alla scuola. Bisogna tagliare i ponti, anche quelli tra le nostre chiese e la cultura mafiosa, che spesso dimostra di essere devota". Un concetto che sta molto a cuore al vescovo di Agrigento, Francesco Montenegro, quello che a Natale tolse i Re Magi dal presepe lasciando la scritta: "respinti alla frontiera" come immigrati clandestini. Oggi dice: "Aboliamo ogni festa religiosa nei paesi dove si contano gli omicidi. Il sacro non basta per ritenersi a posto se poi nessuno denuncia e la cultura mafiosa è l'unica ammessa".  E Giuseppe Morosini, vescovo di Locri, ammette le responsabilità: "Bisognava essere più chiari, anche nelle responsabilità di una Chiesa a volte troppo timida".

fonte www.larepubblica.it, del 10.marzo.2010