Festa della Repubblica
Nella ricorrenza del 2 giugno, l’ordinario militare rilegge l’impegno degli «italiani con le stellette» sugli scenari interni e internazionali.
«Uomini di pace che aiutano tutta la società»
di Salvatore Mazza
Essere «una sola grande famiglia», la famiglia dell’umanità. È questo l’impegno indicato dal Papa nel suo Messaggio per la Giornata della Pace, che «per i militari non è solo una giornata, ma lavoro quotidiano». Impegno che i nostri soldati declinano giorno per giorno, sottolinea l’Ordinario militare, l’arcivescovo Vincenzo Pelvi, che parla degli 'uomini con le stellette' come di persone e cristiani meravigliosi». La cui esperienza «fa crescere tutta la società ».
Che cosa significa oggi la presenza nelle città delle Forze armate, questo loro contatto con i cittadini?
Io credo che ci sia una vera, grande simpatia tra militari e cittadini, anche perché le Forze Armate hanno assunto un ruolo di 'pacificatore', sono un’organizzazione ormai chiamata a intervenire in tutte le situazione in cui sia a rischio la sicurezza, anche a difesa del bene comune. In questo senso possiamo dire che il militare ha oggi un ruolo anche sociale: il rifiuto della guerra di aggressione e anche la conformazione degli uomini con le stellette ai principi democratici fa sì che oggi la compagine militare arricchisca la società civile anche sotto una dimensione etica, presente nella disciplina militare, e che, a mio modo di vedere, va anche ad allargarsi in una testimonianza evangelica. I nostri militari sono quasi tutti battezzati, e sono dei professionisti di virtù umane e anche di virtù cristiane, con una responsabilità che aiuta a crescere la tutta la società.
Noi oggi vediamo i militari impegnati in vari teatri, da quelli internazionali a quelli interni, come le zone terremotate. Lei ha occasione di visitarli con una certa frequenza: che cosa la colpisce di più in queste occasioni?
Guardi, i nostri militari sono delle persone me- E ravigliose, ricche di umanità. Sono davvero, direi, sorgente di un contatto che veramente fa sorgere speranze, che orienta a un futuro più ricco di bene. Quando mi trovo tra gli operativi, vedo che c’è sempre una grande sensibilità e un grande rispetto dell’altro, che non è mai visto come uno straniero o un nemico da abbattere. Mi sembra che i nostri militari, con la loro umanità, ma anche con la loro esperienza di una fede autentica, considerano la possibilità di una grande famiglia umana, e in un certo senso la vivono.
In che modo?
Ho visto quello che fanno, come si fanno vicini agli altri, come sostengono anche economicamente le persone che si trovano nel bisogno e nella povertà. In questo modo si crea un canale di educazione alla pace; e credo, in questo senso, che tutta l’Italia finisca con l’arricchirsi di quello che questi soldati poi si portano dietro della loro esperienza.
Prima ha parlato di un impegno anche economico'. Intende di tasca loro?
Esattamente. Mi riferisco a spese mediche sostenute dai singoli come fedeli battezzati. Parlo dei tanti gemellaggi promossi dai militari rientrati da questi luoghi attraverso le loro comunità parrocchiali, che sostengono spese per l’istruzione, dagli asili all’avvio agli studi di tanti giovani che hanno incontrato nei teatri operativi. Molti, come ho detto, lo fanno anche di tasca propria, e sono estremamente generosi.
Qual è il ruolo in tutto ciò della Chiesa Ordinariato militare?
Da parte dell’Ordinariato, come Chiesa correlata alle Chiese in Italia e nel mondo, l’indirizzo che si dà è di essere anche un modello di comprensione, di dialogo e di solidarietà internazionale. Dobbiamo impegnarci come dice il Santo Padre, a essere una sola grande famiglia, la famiglia dell’umanità, ed essere piccoli semi di questa costruzione. «Il militare oggi ha anche un ruolo sociale e una dimensione etica Sono spesso con loro, persone di grande sensibilità»
fonte: da "l'Avvenire" del 3 giugno 2009