Pensando

La valenza ecumenica della lavanda dei piedi

di Jean Vanier

Fondatore de L'Arche e di Fede e Luce


Dopo aver lavato i piedi agli apostoli, Gesù insiste affinché facciano anche essi ciò che lui ha fatto. "Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi. In verità, in verità vi dico: un servo non è più grande del suo padrone, né un inviato è più grande di chi lo ha mandato. Sapendo queste cose, siete beati se le mettete in pratica" (Giovanni, 15, 13-17). Gesù sta chiedendo ai suoi discepoli di lavare i piedi gli uni gli altri ogni giorno nel servizio reciproco dell'amore e del perdono. Il senso spirituale è chiaro; ma ha un senso il gesto fisico sul quale insiste Gesù? Bisogna riconoscere che il gesto di mettersi in ginocchio davanti a un altro ha un significato profondo di rispetto e di servizio che non è necessariamente contenuto in una parola di rispetto e di servizio.
Il contenuto della tradizione ecclesiale riguardante questo gesto non è chiaro. Sant'Ambrogio lo ricollegava al sacramento del battesimo, mentre sant'Agostino s'opponeva a questo punto di vista. San Benedetto ne parla nella sua regola come di un gesto d'umiltà e d'accoglienza degli ospiti e di servizio per i fratelli. San Bernardo lo considera un gesto di perdono delle mancanze nella vita comunitaria. Nella liturgia cattolica, attualmente, questo gesto è compiuto dal sacerdote all'interno della messa del Giovedì Santo.


Ma oggi conserva ancora un significato tale da toccare il cuore e lo spirito degli uomini e delle donne che partecipano a questa messa?

Nelle Comunità dell'Arca e di Fede e Luce, questo gesto della lavanda dei piedi ha assunto una grande importanza e ci si può domandare se questo gesto non potrebbe trovare un suo significato non soltanto nelle comunità come gesto di servizio, di perdono e unità, ma anche negli incontri dove dei cristiani provenienti da Chiese o comunità ecclesiali diverse si riuniscono per la preghiera e la condivisione intorno alla parola di Dio. In effetti, se da un lato non possono partecipare pienamente all'eucaristia cattolica o ortodossa, potrebbero vivere ciò che il cardinale Brady, nel corso dell'ultimo Sinodo dei vescovi, ha chiamato un rituale esperienziale forte di "inter-comunione". All'Arca viviamo in comunità: uomini e donne con un handicap mentale accanto a uomini e donne che desiderano stare con loro. Coloro che hanno un handicap hanno spesso difficoltà a capire la parola. La comprendono meglio quando essa è accompagnata da gesti. In questo modo integrano meglio il messaggio o l'insegnamento molto radicale e nuovo che Gesù ha rivelato. È accaduto quindi che un Giovedì Santo i responsabili di una comunità abbiano deciso di celebrare con tutti i membri la lavanda dei piedi. Si sono messi tutti in cerchio; è stato letto il testo di Giovanni 13, poi uno degli assistenti ha lavato entrambi i piedi di colui o colei che si trovava alla sua destra. Li ha lavati lentamente e con tenerezza, come Gesù fece con ciascuno dei discepoli. Poi, come gesto di reciprocità, colui a cui erano stati lavati i piedi, ha messo le sue mani sulla testa di colui che glieli aveva lavati e ha pregato su di lui per qualche istante. Colui che ha lavato i piedi si è seduto, e poi colui a cui erano stati lavati i piedi li ha lavati a sua volta a chi si trovava alla sua destra. In tal modo ogni assistente e ogni persona con handicap ha avuto i piedi lavati e li ha lavati a un altro. Questa piccola cerimonia, che si è conclusa con alcuni canti e una preghiera, ha prodotto un profondo silenzio. Questo gesto tra tutti i membri della comunità rappresentava un aspetto profondo della nostra vita comunitaria: siamo tutti insieme fratelli e sorelle di una stessa comunità, di uno stesso corpo.

Anche le altre comunità dell'Arca hanno vissuto questo gesto e la lavanda dei piedi è stata così inserita come rituale nel Triduo Santo, in tutti i ritiri organizzati dall'Arca e Fede e Luce e in tutti gli incontri e sessioni di formazione delle comunità dell'Arca a livello nazionale e internazionale, anche in occasioni particolari, come le giornate di spiritualità e gli incontri ecumenici. Questo momento è stato vissuto anche in ritiri fatti per uomini e donne della strada: ognuno lavava i piedi di un'altra persona e riceveva a sua volta lo stesso gesto.

Il capitolo 13 di Giovanni comincia con un prologo solenne: "Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine". Questo gesto della lavanda dei piedi è quindi un gesto d'amore che sfocerà nella grande manifestazione dell'amore sulla croce.

Inoltre, c'è in questo testo l'onnipresenza di Giuda. Gesù in ginocchio davanti a Giuda ci fa capire come l'amore verso il nemico sia al centro del suo messaggio. Pietro afferma che mai lascerà che Gesù gli lavi i piedi. Gesù non è forse il Messia vittorioso? Pietro non accetta che Gesù s'abbassi e si metta in una situazione di debolezza agendo come uno schiavo; ritiene che sia un gesto umiliante e non degno del Messia. La risposta di Gesù è piena di gravità: "Se non ti laverò, non avrai parte con me" (Giovanni, 8). Se Pietro continua a rifiutare questo gesto di Gesù, si esclude da sé dalla sua amicizia. Farsi lavare i piedi da Gesù è quindi un gesto importante. Gesù in ginocchio fa un gesto concreto e fisico che va oltre una semplice parola in cui si chiede ai discepoli di amare, di servire e di perdonarsi gli uni gli altri. Si rivela come il più piccolo dei servi, ma in un modo che scandalizza. Gesù afferma con forza l'importanza di questo gesto: ciò che Egli ha fatto per i suoi discepoli, essi lo devono fare tra di loro. Se lo fanno, vivranno una "beatitudine": entrano nel Regno di Dio. Alla fine Gesù dà ai discepoli il suo comandamento nuovo: "Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri" (Giovanni, 13, 34-35). Nel contesto, amare come Gesù ama si riferisce al modo in cui Gesù ha amato i suoi discepoli lavando loro i piedi e mettendosi in ginocchio al loro servizio.

Questo gesto rivela il mistero dell'incarnazione evocato nel prologo del Vangelo di Giovanni. L'Onnipotente diventa piccolo, uno schiavo, per rivelare l'amore del Padre. Non è anche il canto di Paolo? "Egli, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l'essere come Dio; ma svuotò se stesso, assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini" (Lettera ai Filippesi, 2, 6-7).

Gesù disse: "Il Figlio dell'uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti" (Marco, 10, 45). "Io sto in mezzo a voi come colui che serve" (Luca, 22, 27). Di conseguenza Gesù in ginocchio non compie un gesto eccezionale d'umiltà, rivela al contrario il suo vero essere, il Verbo incarnato, che si è fatto servo per elevare tutti gli uomini in modo che diventino suoi amici e attraverso di lui figli amati del Padre.

Si comprende così meglio la risposta di Gesù a Pietro: se non accetta di essere lavato, non avrà parte con Gesù, perché sta rifiutando il fondamento del mistero dell'Incarnazione: l'abbassamento del Verbo in Gesù, la sua piccolezza e vulnerabilità.

Con questo gesto Gesù sta trasformando la società che vuole fondare, da un modello piramidale - in alto la ricchezza e il potere - in un corpo dove ognuno ha il suo posto, i suoi doni, il suo carisma e il suo ministero. E lui prende il posto del più piccolo.

Gesù lavando i piedi di ognuno, compie un gesto di tenerezza, un gesto d'amore e di perdono. Lava con compassione le loro ferite, le loro fragilità, la loro povertà. Mostra il suo desiderio di perdonare e d'elevare ogni persona, - come la grazia eleva la natura - poiché ognuno di noi ha il compito di continuare l'opera di salvezza.

Aelredo di Rielvaux mette sulle labbra di Gesù queste parole: "Mettiti a tavola, sono io che ti servirò. Sono io che ti laverò i piedi. Riposati, io prendo su di me i tuoi mali. Porterò tutte le tue debolezze. Usami a tuo piacimento nei tuoi bisogni. Se sei stanco o affaticato, io ti porterò, tu e il tuo fardello. Se hai fame, eccomi qui pronto a immolarmi perché tu possa mangiare la mia carne e bere il mio sangue, e io resterò integro e vivo per servirti ancora. Se sei malato, e hai paura della morte, morirò al posto tuo affinché tu possa usare il mio sangue come un rimedio di vita". È, in sostanza, come se Gesù stesse dicendo a ognuno: "Ho fiducia in te, alzati, mettiti in piedi, non avere paura, sei mandato attraverso il mondo - a piedi - per annunciare la buona novella ai poveri, la liberazione agli schiavi e agli oppressi e la vista ai ciechi". Gesù sarà con ognuno in questa missione; ognuno è suo amico: "Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto" (Giovanni, 15, 16).

Se Gesù eleva ciascuno e gli affida una missione, occorre anche che ognuno poi, come Gesù, si abbassi davanti agli altri per elevarli, sostenerli, perdonarli. Ognuno deve agire come servo dolce e umile come Gesù. Ognuno è su questa terra per lavare gli altri, aiutare ciascuno a vivere la propria missione nella Chiesa e sviluppare i propri doni. È l'amore dei discepoli, è la loro unione che permetterà al mondo di credere (cfr. Giovanni, 17, 21-23).

Siamo quindi tutti servi gli uni degli altri, ognuno con il proprio dono. Paolo, in molte delle sue lettere, chiama i discepoli ad agire per l'unità. Ci invita ad avere i sentimenti che sono in Cristo Gesù, e ad abbassarci davanti agli altri. Il Vangelo nel momento dell'ultima cena ci racconta che ci fu una disputa tra i discepoli per sapere chi fosse il più grande (Luca, 22, 24). Gesù disse loro: "Chi è più grande, chi sta a tavola o chi serve? Non è forse colui che sta a tavola? Eppure io sto in mezzo a voi come colui che serve" (Luca, 22, 27). La lavanda dei piedi è un appello rivolto a ognuno perché agisca con umiltà per l'unità del corpo, diventando il servo degli altri.

Possiamo ora capire perché Giovanni parla di Gesù che lava i piedi dei discepoli nel momento in cui gli altri vangeli parlano dell'istituzione dell'eucaristia. Non è forse perché non si può separare la comunione con Gesù dalla comunione con i nostri fratelli? Essere un tutt'uno con Gesù attraverso il suo corpo eucaristico per diventare un tutt'uno con i nostri fratelli e sorelle attraverso la lavanda dei piedi.

La lavanda dei piedi prepara alla comunione eucaristica, ma la prolunga anche. Mangiando il corpo di Gesù, noi dimoriamo in lui, e lui in noi; noi diventiamo gli amici di Gesù. Quindi gli amici di Gesù sono miei amici. "Vedo con gli occhi del Cristo e posso dare all'altro (...) lo sguardo di amore di cui egli ha bisogno" (Deus caritas est, n. 18). È bene ricordarsi di questo messaggio se si vuole essere fonte di unità nella Chiesa, essere un povero servo degli altri. Occorre che ci siano in noi i sentimenti che sono in Gesù Cristo, il quale si è "svuotato" per diventare uno schiavo per amore (cfr. Lettera ai Filippesi, 2, 5-7).

Ci sono molte somiglianze tra l'istituzione dell'Eucaristia e la lavanda dei piedi: entrambe rilevano l'amore di Gesù attraverso il corpo. Bisogna rifare questo gesto nella Chiesa - "Fate questo in memoria di me", "Ho fatto ciò come un esempio". L'eucaristia e la lavanda dei piedi sono insieme il "sacramento" dell'unità. "Un'Eucaristia che non si traduca in amore concretamente praticato è in se stessa frammentata" (Deus caritas est, n. 14). In tutti i ritiri dell'Arca e di Fede e Luce e altrove, dopo avere commentato la lavanda dei piedi da parte di Gesù, ci laviamo i piedi reciprocamente. Sicuramente questo gesto è simbolico, e i simboli sono importanti nella Chiesa: l'acqua del battesimo, il pane dell'eucaristia, l'olio della cresima. Anche mettersi in ginocchio è un simbolo forte. Questo gesto aiuta ciascuno a vivere e a credere nel mistero di Gesù vulnerabile, che si abbassa per elevare ciascuno nella sua missione affinché ognuno a sua volta si abbassi davanti ai suoi fratelli e sorelle per elevarli nella loro missione. Questo gesto della lavanda dei piedi ci aiuta a capire e a vivere concretamente l'umiltà, il perdono, il servizio, e a operare per l'unità. Questo gesto diventa quindi preghiera: noi preghiamo per diventare più simili a Gesù e per avere in noi i sentimenti che risiedono in lui.

Questo gesto assume un'importanza particolare durante i ritiri o le sessioni ecumeniche. Non possiamo mangiare tutti insieme il pane dell'eucaristia, ma possiamo prepararci a questo - alla lontana - lavandoci i piedi reciprocamente in quanto siamo tutti membri del Corpo mistico di Gesù.
fonte: da "l'Osservatore Romano" del 10 aprile 2009