Alla fonte della speranza
di Fratel Alois
In occasione della XXIV Giornata mondiale della gioventù, che si celebra la domenica delle Palme nelle diocesi, Benedetto XVI ci invita ad andare alle fonti della speranza. "Abbiamo posto la nostra speranza nel Dio vivente" (1 Timoteo, 4, 10): è questo il tema del suo messaggio ai giovani quest'anno. Fedele alla linea di forza che caratterizza tutto il suo pontificato, il Papa ricorda che la speranza non è un ideale o un sentimento, perché la si attinge dall'incontro con Gesù Cristo. Dalla sua elezione Benedetto XVI lo dice e lo ripete ancora e sempre: l'essenziale per i cristiani è cercare un rapporto personale con Dio.
Alcuni dei miei fratelli hanno ripreso questo appello durante la preghiera con i giovani di Roma, che hanno animato ieri sera nella chiesa di Santa Maria in Campitelli. Da oltre vent'anni, ogni anno ci commuoviamo perché possiamo accompagnare con questa preghiera del venerdì il cammino dei giovani di Roma verso le Palme.
Nella domenica delle Palme Gesù è entrato a Gerusalemme seduto su un asino, avanzando mite e umile di cuore. La folla lo ha accolto con una gioia immensa. Come aiutare i giovani cristiani d'oggi a conoscere una gioia semplice come questa, fatta di fiducia in Cristo? Stiamo attenti che questa gioia sia prima di tutto interiore! Essa viene alimentata dalla preghiera comune, sostenuta da canti che aprono allo spirito di lode.
Insieme a tutti coloro che nel mondo ascoltano l'invito del Papa, a Taizé cerchiamo di risvegliare la speranza nei giovani che provengono da molti paesi e che noi accogliamo. Non un facile ottimismo che chiude gli occhi sulla realtà, ma una speranza forte che getta l'ancora in Dio.
È vero che, nel mondo occidentale, per molti giovani è diventato difficile credere in Dio. Alcuni talvolta vedono l'esistenza di Dio come un limite alla loro libertà. Pare loro inconcepibile che Dio li accompagni.
Credere in Cristo, credere alla sua presenza nel mondo anche se è invisibile; credere che, attraverso lo Spirito Santo, abita nel nostro cuore, è il rischio al quale invita il Vangelo e al quale è essenziale rendere più attenti i giovani. Se osiamo appoggiarci su questa presenza, Cristo accende una speranza per il mondo.
Questa speranza è creatrice. Senza di essa, lo scoraggiamento oggi diventa una vera tentazione: può provocare rassegnazione dinanzi al nostro futuro personale, al futuro del mondo e anche di tutta la creazione.
Vorremmo trasmettere ai giovani questa fiducia: anche se camminiamo di notte, non siamo però soli, Cristo ci precede. Seguirlo presuppone una lotta interiore, con decisioni da prendere e fedeltà di tutta una vita.
E Dio non si stanca di riprendere il cammino con noi. Noi non perseveriamo in esso per presentarci a Dio nella nostra luce migliore. No, noi accettiamo di procedere come i poveri del Vangelo che confidano nella misericordia di Dio.
Come possono i giovani nella loro vita quotidiana rinnovare una tale comunione personale con il Risorto? Quando leggiamo una parola dal Vangelo, è lui che incontriamo. Nell'Eucaristia è il dono della sua vita quello che riceviamo. Quando ci riuniamo nel suo nome, lui è in mezzo a noi. E c'è questa via sorprendente lungo la quale ci viene incontro: egli è presente anche in coloro che ci vengono affidati, soprattutto coloro che sono più poveri di noi. Lo ha detto lui stesso: "Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto" (Matteo, 25, 35).
Mi viene in mente un giovane che incontro qualche volta a Taizé. Ha una malattia incurabile che sta progredendo. Soffre terribilmente. Sono svanite già molte possibilità di una vita realizzata. Tuttavia, il suo sguardo e il suo comportamento rimangono sorprendentemente aperti. Un giorno mi ha detto: "Un tempo la speranza nel futuro era facile, ora so che cosa significa davvero la speranza in Dio". Questo giovane trasmette come un riflesso, umile ma reale, del mistero della presenza di Dio. Se solo sapesse quanto, con il suo atteggiamento, trasmette una speranza a molti altri!
Come lui, ogni giovane, qualunque sia la sua situazione, può diventare testimone dell'amore di Dio e contribuire a una civiltà caratterizzata più dalla fiducia che dalla diffidenza. Ciò che cambia il mondo non sono tanto le azioni spettacolari quanto la perseveranza quotidiana nell'aggrapparsi a Colui che è la fonte della speranza.
fonte: da "l'Osservatore Romano" del 5 aprile 2009