Rassegna Stampa

L'Osservatore Romano, 20.03.08

L'acqua bene comune per tutti

di RICCARDO PETRELLA*

L'acqua solleva tre grandi sfide mondiali. La prima è quella di concretizzare l'accesso all'acqua potabile per tutti gli abitanti del Pianeta, entro una generazione (al più tardi nel 2025). Per quanto l'acqua sia riconosciuta da sempre come fonte principale di vita, ancora oggi un miliardo e mezzo di persone non hanno accesso all'acqua potabile e 2,6 miliardi non dispongono di servizi igienico-sanitari. Conseguenza: circa cinquemila bambini al di sotto di cinque anni muoiono ogni giorno per malattie dovute all'assenza o cattiva qualità dell'acqua potabile e di servizi sanitari. È come se sedici Jumbo Boeing 747 con 320 passeggeri a bordo si sfracellassero al suolo ogni giorno.

Le difficoltà per rispondere alla sfida non sono né d'ordine tecnologico, né finanziario. Se invece di spendere annualmente 1.117 miliardi di dollari per le armi e le guerre, i dirigenti del mondo dedicassero cento miliardi all'anno per dieci anni in investimenti per l'acqua, per la sanità e per la casa, i soldi ci sarebbero. La principale difficoltà sta nel fatto che lo sradicamento della povertà nel mondo non fa parte delle priorità dei dirigenti attuali del mondo. Miliardi di persone non hanno accesso all'acqua non perché principalmente l'acqua manchi là dove abitano, ma perché sono povere come ben dimostra il rapporto 2006 del Programma di sviluppo delle Nazioni Unite (Undp) dal titolo eloquente "L'acqua tra potere e povertà". Anche nei luoghi dove l'acqua abbonda i poveri non sanno cosa sia l'acqua potabile.

La seconda sfida concerne l'acqua come bene comune, pubblico, da promuovere come eco-patrimonio dell'umanità e di tutte le specie viventi. Secondo il pensiero e l'azione oggi prevalenti l'acqua deve essere considerata principalmente come un bene economico, oggetto di transazioni commerciali, il cui prezzo deve essere definito sulla base del principio del recupero di tutti i costi di produzione compresa la remunerazione del capitale investito (cioè il profitto).

Questa concezione è fondata sulla teoria del costo secondo la quale ogni bene — compresi i beni e i servizi essenziali e insostituibili per la vita come l'acqua — per essere fruibile ingenera dei costi che devono essere coperti dal consumatore, colui che tira un'utilità dal suo uso.

Ciò vale, si afferma, anche per l'accesso ai cinquanta litri giornalieri di acqua potabile che l'Organizzazione Mondiale della Sanità considera il minimo vitale. Il prezzo deve esprimere il valore di scambio dell'acqua e/o del servizio idrico sul mercato. Con questa concezione, non vi sono più diritti umani e sociali riconosciuti, non vi sono più beni comuni o servizi pubblici, ma beni economici privati e servizi di interesse economico. La mercificazione dell'acqua si accompagna alla privatizzazione dei servizi idrici. In questo contesto, la rarefazione sta diventando un fatto accettato come «naturale», inevitabile, perché si fa risalire la sua origine al cambiamento climatico, cioè a dei processi globali in corso (scioglimento delle calotte polari e dei grandi ghiacciai) sui quali le società umane non hanno grandi possibilità di agire se non nel senso della mitigazione e dell'adattamento.

La terza sfida concerne il governo pubblico dell'acqua fondato sulla partecipazione dei cittadini, e sulla fraternità fra i popoli. Ridotta a un «bene» raro, a una risorsa strategica su cui mantenere la sovranità patrimoniale (nazionale, regionale) per assicurare la propria sopravvivenza e sicurezza economica ed elevata al rango di «oro blu» — per similitudine al petrolio «oro nero» — l'acqua è stata «petrolizzata» dalle nostre società in maniera poco incoraggiante: si parla sempre di più dell'acqua non quale fonte di vita, di cooperazione e di pace, ma come fonte principale delle guerre del XXI secolo, come il petrolio, si sottolinea, è stato all'origine di tante «guerre» del XX secolo. La «petrolizzazione» dell'acqua significa il trasferimento del reale «governo dell'acqua» ai meccanismi di mercato ed alle imprese multinazionali private dell'acqua.

Quest'anno ricorre il sessantesimo anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo nella quale il diritto all'acqua non figura. Cosa si aspetta per affermare l'acqua come primo bene comune mondiale? La vita è sacra. Anche l'acqua, che è vita.

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*Professore emerito dell'Università Cattolica di Lovanio.