Ma quale luce?
GRAZIE ALLA TENEREZZA E MISERICORDIA DEL NOSTRO DIO
CI VISITERÀ UN SOLE CHE SORGE DALL’ALTO
PER RISPLENDERE SU QUELLI CHE STANNO NELLE TENEBRE
E NELL’OMBRA DI MORTE
E DIRIGERE I NOSTRI PASSI SULLA VIA DELLA PACE.
(Lc.1,78-79)
La tradizione natalizia induce a desiderare la luce. In modo forse banale, le nostre amministrazioni comunali attraverso le luminarie di questo periodo intendono proporre lo stesso tema.
Ma… quale luce se ai negoziati di Copenhagen i grandi della terra hanno anteposto i privilegi dei potenti ai diritti dell’umanità e alla vita del pianeta?
Quale luce se sono sempre i deboli a pagare?
Quale luce se i dominanti possono perseguire impunemente i loro intrighi e farsi le leggi a proprio vantaggio?
Quale luce se le carceri sono luoghi di punizione e non di riabilitazione per chi ha sbagliato?
Quale luce se un immigrato può trovarsi all’improvviso in condizione di clandestinità e per ciò stesso colpevole di reato?
Quale luce se accettiamo con acquiescenza quei campi di concentramento che sono i CIE (centri di identificazione e di espulsione)?
Quale luce se il card. Tettamanzi può essere insultato perché nella sua opera pastorale si ispira al Vangelo?
Quale luce se la Comunità cristiana tace o addirittura ammira questi figuri, o dà il suo consenso?
Quale luce se il Crocifisso viene strumentalmente usato come bandiera identitaria per creare distanze ed innalzare steccati tra gli uomini?
Il testo profetico di Is. 58, 6-12, che per la verità sembra avere un’intonazione quaresimale, è invece molto pertinente con il clima di questo Natale 2009.
Richiama anch’esso in modo esplicito e forte la ricerca della luce e, soprattutto, ne offre precisi contenuti.
Allora la tua luce sorgerà come l’aurora, …
…allora brillerà fra le tenebre la tua luce,
la tua tenebra sarà come il meriggio.
6 Non è piuttosto questo il digiuno che voglio: sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo?
7 Non consiste forse nel dividere il pane con l’affamato, nell’introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo, senza distogliere gli occhi da quelli della tua carne?
8 Allora la tua luce sorgerà come l’aurora, la tua cicatrizzazione germoglierà presto. Davanti a te camminerà la tua giustizia, la gloria del Signore ti seguirà.
9 Allora lo invocherai e il Signore ti risponderà; implorerai aiuto ed egli dirà: “Eccomi! ”. Se toglierai di mezzo a te l’oppressione, il puntare il dito e il parlare empio,
10 se offrirai il pane all’affamato, se sazierai chi è digiuno, allora brillerà fra le tenebre la tua luce, la tua tenebra sarà come il meriggio.
11 Ti guiderà sempre il Signore, ti sazierà in terreni aridi, rinvigorirà le tue ossa; sarai come un giardino irrigato e come una sorgente le cui acque non inaridiscono.
12 La tua gente riedificherà le antiche rovine, ricostruirai le fondamenta di epoche lontane. Ti chiameranno riparatore di brecce, restauratore di case in rovina per abitarvi.
(Isaia 58, 6-12)
- il testo indicato esordisce: “Questo è il digiuno che voglio…”
- oggi potrebbe dichiarare: “Questa è la religiosità che voglio…”
Si tratta di una parola che desidera dare un contenuto di vita a ciò che rischia di rimanere solo una pratica cultuale, una pura esteriorità. Sono le apparenze oggi che contano, anche le apparenze religiose. È il sintomo di un vuoto più profondo. È il vuoto, la banalità, la superficialità che oggi come allora minava l’autenticità di vita del credente.
Il profeta, senza tanti preamboli, ci dice che l’autenticità della religiosità, della religione, si misura dalla giustizia che riesce a generare.
Si tratta di una giustizia che tiene presenti due aspetti:
1. una condizione base di pari opportunità per tutti:
sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo?
2. La condivisione diretta con le persone in difficoltà:
dividere il pane con l’affamato, nell’introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo, senza distogliere gli occhi da quelli della tua carne?
(si tratta, oltre tutto, di ciò che Gesù richiama come parametro di verità nel giudizio finale: avevo fame, ero nudo, carcerato…)
La parola però si fa ancora più chiara, qui davvero l’esperienza della giustizia è fonte di luminosità, quando afferma che operare la giustizia, non solo cambia positivamente la vita della comunità, la vita degli altri, ma anche, che l’operatore di giustizia, dedicandosi alla causa, lavora al suo cambiamento:
Allora la tua luce sorgerà come l’aurora, …
…allora brillerà fra le tenebre la tua luce,
la tua tenebra sarà come il meriggio.
È illuminando che ci si illumina, è liberando che ci si libera, è guarendo gli altri che si guarisce. È usando misericordia (vale a dire l’avere il cuore con i miseri) che si trova misericordia.
C’è nel testo un’espressione molto efficace: la tua cicatrizzazione germoglierà presto.
Il segno della fragilità diventa un’occasione di forza nel bene, un’occasione di condivisione, di tenerezza.
Possiamo forse ritenere che la situazione di ingiustizia, di male sociale, di oppressione dei più poveri, di prevaricazione ecc. non dipenda direttamente da noi. Per certi versi le cose vanno come vanno nostro malgrado.
Il bene ha chi lo compie e così il male. C’è sempre qualcuno dietro ogni scelta di bene o di male, ci sono degli interessi che stanno all’origine dell’ingiustizia, all’origine della prevaricazione, della criminalizzazione del povero, della prepotenza, dell’arroganza, della discriminazione.
Non è vero che non ci si possa far nulla. Noi possiamo negare a questi signori dominanti la nostra ammirazione, la nostra stima, il nostro consenso.Perché la loro forza sta proprio nel consenso che ricevono da noi, nell’ammirazione che accordiamo loro, nell’averli posti a modelli di vita. Possiamo dare voce all’indignazione che non è la violenza o la rabbia ma è far sussultare la dignità ferita.
Nell’ultima parte il profeta usa il linguaggio dell’urbanistica:
sarai come un giardino irrigato e come una sorgente le cui acque non inaridiscono.
La tua gente riedificherà le antiche rovine, ricostruirai le fondamenta di epoche lontane.
Ti chiameranno riparatore di brecce, restauratore di case in rovina per abitarvi.
Promuovere il diritto e la cultura della cittadinanza significa davvero onorare a tal punto il bene comune, il bene di tutti, tutti i diritti per tutti, da conferire alla città, ovvero laddove gli esseri umani vivono insieme, la bellezza e l’armonia del giardino.
Al tempo in cui il profeta esercitava il suo ministero come ai nostri giorni, la gente che non aveva conosciuto l’amara esperienza dell’esilio non era molto disponibile a condividere l’accoglienza e il lavoro con i nuovi arrivati, i rimpatriati dall’esilio. Allora come oggi, il pensiero dominante consisteva nell’ognuno pensi a se stesso, ognuno pensi a curare i propri interessi. Ecco la notte!
- Un ministro arriva ad affermare che con gli stranieri occorre essere cattivi. Ecco la notte!
- Un sindaco lancia l’operazione “bianco natale” per dire di quale colore vuole i suoi cittadini… il tutto in nome della sicurezza e della difesa dell’identità culturale e religiosa.
È il pensiero che va per la maggiore dalle nostre parti. Ecco la notte!
Per il profeta invece edificare la città, vivere insieme nella sicurezza, esige edificare coscienze che nei fatti, nei rapporti quotidiani, sempre, onorino la dignità delle persone, di tutte le persone.
Allora la tua luce sorgerà come l’aurora, …
…allora brillerà fra le tenebre la tua luce,
la tua tenebra sarà come il meriggio.
BUON NATALE
Comunità degli Stimmatini di Sezano e Ass. Monastero del Bene Comune
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