Rassegna Stampa

La sfida di Ratzinger

di Giancarlo Zizola

Il tentativo di Benedetto XVI di appellarsi all'etica economica per ridurre le carneficine da fame del pianeta Terra potrebbe anche sorprendere.

Tanto più in un intellettuale e in un teologo che notoriamente aborre dallo sporcarsi le mani con gli impasti sempre rischiosi della politica, convinto com'è che la sua Chiesa non deve fondare il legame sociale, al massimo può comunicargli ispirazioni.

Ma c'è l'angoscia degli affamati, c'è l'inquietudine dei moderni per una tecnologia faustiana che non riesce ancora e chissà per quanto a ridurre le divisioni tra i pochi che hanno troppo e i troppi che hanno poco o niente per il loro stomaco. E tacere per la Chiesa, o peggio far finta di niente per curarsi del culto, sarebbe un peccato di omissione devastante, non solo un lapsus strategico. La Chiesa di Ratzinger torna ad assicurare di non pretendere di interferire nelle scelte politiche, di voler rispettare il sapere, i risultati delle scienze, le opzioni forgiate dalla ragione (a un patto, che siano «responsabilmente illuminate da valori autenticamente umani»). Ma non si rassegna a tacere di fronte al non senso di questo sterminio globale. E protesta dinanzi a uno spirito dimissionario che scarica la farne tra i fenomeni strutturali inalterabili dei Paesi poveri per lavarsene le mani.

E una sfida ormai antropologica, e non solo politica, da cui un Papa non può non sentirsi riguardato. Il pioniere fu Papa Gregorio Magno, che non esitò a vuotare le casse papali pur di soccorrere Roma affamata, così riscoprendo nella dissoluzione dell'impero alla fine del VI secolo la reale funzione del papato nel servizio dei più poveri, premessa per la svolta epocale dell'apertura del cristianesimo a tutte le genti, col suo passaggio al Barbari . «I tempi sono tristissimi annotava i campi desolati e deserti, le città disabitate. Il Senato è spento, il popolo non esiste più. Sono oppresso datali tribolazioni che non ho tempo di leggere né di scrivere..

Non sappiamo se l'emergenza mondiale descritta dalle statistiche della battaglia contro la fame tormenti fino a tal punto anche quell'uomo di penna che è Joseph Ratzinger, ma non c'è dubbio che egli l - gura tra i pochi leader mondiali attuali a levare la voce, per denunciare che la fame e la malnutrizione sono inaccettabili in un mondo che dispone di livelli di produzione, di risorse e conoscenze sufficienti per debellare il flagello. Lo ha fatto nell'enciclica Caritas in veritate , lo ha ripetuto ieri alla Fao. Lo scenario mondiale in cui la pandemia della fame e sotto- nutrizione si espande, ora trainata dalla crisi dentro i grattacieli della ragion pura, moltiplica le ragioni costituzionali per l'alleanza delle grandi tradizioni religiose dell'timanità con l'onu su un fronte in cui è alla prova la loro conclamata premura per il diritto alla vita. Sulla scia dei suoi predecessori, Benedetto XVI ha assicurato che la Chiesa cattolica si impegna a sostenere l'azione della Comunità internazionale per sconfiggere la fa- me, opponendosi specialmente alla in-cultura dell'opulenza e dello spreco. Si è notata la sobrietà di un accenno, che poteva rischiare il fondamentalismo veritativo, alla questione del contenimento demografico, tema di ciclici malintesi con le agenzie internazionali e che il papa ha preferito risolvere questa volta richiamando alcuni dati sulla sufficienza (Iella produzione agricola del pianeta a soddisfare anche in futuro la domanda di cibo di tutti i suoi abitanti, e negando il nesso causale ira crescita della popolazione e la fame.

Tuttavia è nel raccomandare alla comunità internazionale la riscoperta di un nucleo fondamentale di valori condivisibili universalmente al fine di forgiare concetti e principi orientativi per la condotta degli Stati «verso i bisogni degli ultimi» che il Papa ha impegnato la sua ispirazione di leader religioso nel concerto delle nazioni. La radice delle sue proposte innovative (dalla cooperazione autogovernante al diritto di singoli paesi di definire il proprio modello economico) trae la sua linfa dal terreno biblico e della grande teologia medievale, col tema della destinazione universale dei beni della terra. Un tema critico, scarsamente trattato anche nella cultura cattolica: dire che i beni della terra sono destinati a tutti gli umani significa che il diritto di proprietà privata trova un limite nel diritto di ogni umano all'uso dei beni necessari per vivere e che *** cristianesimo sottonutrizione fame, come sosteneva anche un documento vaticano del 1997 Per una migliore distribuzione della Terra la minoranza di fortunati che si accaparra l'8O% delle risorse globali (che appartengono originariamente a tutti) si trova moralmente in uno stato di furto strutturale.

Una sfida religiosa, in quanto tocca il senso e la stessa possibilità divi- vere per centinaia di milioni di umani, molti dei quali bambini venuti al mondo solo per giorni per poi scomparire. Una ispirazione tanto più attesa quanto più le istituzioni internazionali, non meno che i governi nazionali, procedono a tentoni accerchiati dai nazionalismi riemergenti e dai tagli di bilanci, contraccolpi del crack della finanza globale e della crisi dei mercati, non meno che di opzioni politiche autoreferenziali. Lo ha riconosciuto poche settimane addietro il direttore della Fao Jacques Diouf al Sinodo dei vescovi cattolici africani in Vaticano: oggi sono le forze religiose, come l'lslam e la Chiesa cattolica, a giocare un ruolo inedito sul fronte, e non anzitutto per le fornilure materiali della carità, che pure non fanno mancare nelle aree pii devastate, quanto per la loro strategia di azione «che rispetta le persone e i beni di questo mondo senza eccessi e senza sprechi».

Dire come fa Papa Benedetto che l'alimentazione e 1' accesso all' acqua devono essere considerati «diritti universali di tutti gli esseri umani senza distinzioni né discriminazioni» equivale non solo a completare la Carta dei Diritti umani ma anche a fondare la denuncia, che la fame costituisce propriamente un crimine contro l'umanità, tanto pi se si smaschera l'alibi troppo comodo che si tratti di una catastrofe naturale ineluttabile.

 

fonte: la Repubblica del 17 novembre 2009