Rassegna Stampa

Migranti, la Chiesa cambia rotta

di Andrea Bevilacqua



Il nuovo presidente del Pontificio consiglio dovrà controllare l'esuberanza di Marchetto.
Monsignor Vegliò incaricato di sopire le critiche al governo.


Alcune tra le principali associazioni cattoliche italiane impegnate nel sociale ce l'hanno col governo Berlusconi e, in particolare, con alcune norme de Ddl sicurezza. Ma è probabile non vengano ascoltate. L'impressione, infatti, è una: il governo sta molto attento a non calpestare la sensibilità del Vaticano sulle tematiche cosiddette eticamente sensibili, ma sulla sicurezza preferisce agire in autonomia, forte, a onor del vero, di una certa tiepidezza della stessa Santa Sede sul tema. Una tiepidezza che nei prossimi mesi potrebbe aumentare: al pontificio consiglio per i migranti e gli itineranti, infatti, nuovo presidente dopo un periodo in cui il dicastero era retto «ad interim» dal cardinale Renato Raffaele Martino, è stato messo monsignor Antonio Maria Vegliò, finora segretario della congregazione per Chiese Orientali. Vegliò, in sostanza, dovrà controllare l'esuberanza di monsignor Agostino Marchetto: nel periodo di governo ad interim aveva era stato parecchio critico col governo in tema di sicurezza.


Le associazioni in questioni sono nell'ordine la Fondazione Migrantes, la Caritas Italiana, la Comunità di Sant'Egidio, le Acli, la Fondazione Centro Astalli (promossa dai gesuiti) e la Comunità Papa Giovanni XXIII. Nelle scorse ore hanno dichiarato testualmente tramite un Documento consegnato alle Commissioni Giustizia e Affari Costituzionali della Camera che «alcune delle norme del Ddl sicurezza, se approvate, influiranno negativamente sulla vita e sulla dignità delle persone e persino sul bene della sicurezza che pure esse intenderebbero tutelare».


Le critiche si rivolgono alle norme che «limitano i diritti della comunità familiare». Il documento ricorda l'articolo 6 del provvedimento che prevede l'incapacità al matrimonio con effetti civili (ma non quello canonico) per lo straniero privo di permesso di soggiorno, e sottolinea che il diritto a «fondare una famiglia» è tutelato dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'Uomo mentre il Catechismo ufficiale della Chiesa cattolica parla di «libertà di costituire una famiglia». Oltretutto vivere legalmente in famiglia, sottolinea il documento, «evita percorsi di marginalità, garantendo alla società una maggiore sicurezza». Sul banco degli imputati anche il divieto di registrare nell'anagrafe atti di stranieri irregolari, a partire dalla registrazione degli atti di nascita. In particolare la mancata registrazione dell'atto di nascita recherebbe «grave pregiudizio per la certezza dei rapporti familiari, ostacolando gravemente l'esercizio dei diritti e dei doveri nascenti dalla relazione di coppia e dal legame di procreazione».


Le associazioni citano pure Benedetto XVI che, nel 2006, invitava a non confondere i migranti con i criminali, esortando a «interrogarsi sulle ragioni di fuga dal Paese di origine». E, ancora, dichiarano di confidare «nell'ascolto attento e nella riflessione paziente del legislatore, certamente capace di concludere il dibattito parlamentare rispondendo alle necessità attuali con fermezza ma anche con lungimiranza e civiltà. Perché garantire il rispetto e la dignità delle persone divenga il primo obiettivo di leggi giuste che diano sicurezza e serenità a tutti i cittadini». Parole importanti ma che difficilmente troveranno effettivo ascolto nel governo. In tema di sicurezza, infatti, la Chiesa non fa paura tanto quanto la fa quando difende quei principi “non negoziabili” inerenti la vita e le questioni bioetiche.
fonte: da "Italia Oggi" del 1 maggio 2009