Rassegna Stampa

Ma il Papa cerca il dialogo

di Giacomo Galeazzi

Ma il Papa cerca il dialogoGiacomo Galeazzi Mentre a Notre Dame i cattolici contestano in piazza l’«abortista» Barack Obama, a Roma il Vaticano detta la linea del silenzio. E intanto tesse la tela del rinnovato dialogo con la Casa Bianca.

E’ il Papa in persona a calibrare la strategia: collaboriamo con il presidente americano in politica estera, prendiamo le distanze dal finanziamento alla ricerca sulle cellule staminali embrionali, sull’obiezione di coscienza dei medici per l’eutanasia e la legislazione abortista. Benedetto XVI, ricevendo nelle ultime settimane i superiori della Segreteria di Stato, ha espresso interesse verso l’operato del nuovo presidente Usa e il desiderio di conoscerlo personalmente.

L’«ostpolitik» pontificia verso l’Amministrazione Usa non cancella i rilievi critici sulla bioetica, ma «punta su ciò che unisce più che su ciò che divide», evidenzia il cardinale Achille Silvestrini, ex ministro degli Esteri: «Per ora su Medio Oriente e distensione con l’Islam, il Papa e Obama fanno parallelamente discorsi analoghi. Il punto di contatto potrà avvenire sulle soluzioni concrete». Ai suoi interlocutori il Pontefice spiega che «pensa di poter collaborare bene con Obama» e nei Sacri Palazzi si sa che Benedetto XVI è interessato alla visita di luglio in Italia del presidente Usa per il G8, perché ritiene che ci sia la possibilità di una piattaforma di contatto a partire dalla mano tesa al mondo arabo e all’Iran. «La sua politica estera, l’idea di pacificazione e disarmo corrispondono a quanto pensiamo noi, quindi possiamo trovare punti di contatto su molti temi», ha argomentato nei giorni del viaggio in Medio Oriente il Papa coi suoi collaboratori.

«In politica estera ci sono importanti consonanze, come la proposta dei due Stati per palestinesi e israeliani nella comune speranza di passi avanti verso la pace - precisa il portavoce papale, padre Federico Lombardi -. Sulle posizioni etiche interne, come testimoniato dall’episcopato Usa, restano divergenze. La possibilità di un incontro a luglio esiste, ma non c’è ancora un’agenda fissata». Per arrivare a un’udienza sono in corso trattative tra le diplomazie. Ora «soprattutto per la Terra Santa è più agevole una convergenza con la Santa Sede, perché Obama è meno sbilanciato a favore di Israele rispetto a Bush, responsabile del fallimento in Iraq - sottolinea il teologo Gianni Gennari -. A parte qualche attacco grossolano di singoli vescovi, toni, personalità, immagine nell’opinione pubblica mondiale favoriscono una prospettiva geopolitica nuova della Santa Sede verso la Casa Bianca».

Non a caso all’università Notre Dame è stata frenata, nelle proteste anti-Obama, la «teocon» Mary Ann Glendon, ex ambasciatrice di Bush in Vaticano e presidente della Pontificia accademia delle Scienze sociali. Intanto alla Comunità di Sant’Egidio il governatore del New Mexico, Bill Richardson, ha appena proclamato che «le relazioni con il Vaticano saranno migliori dell’era Bush, perché ora gli Usa riconoscono l’esistenza di una comunità internazionale, vogliono aiutare il Terzo mondo, combattere la povertà, far cessare i conflitti. Proprio come il Papa».

Anche sulla bioetica la Curia ha apprezzato il fatto che Obama abbia imposto paletti alla ricerca con fondi federali, limitandola agli embrioni in esubero delle cliniche della fertilità donati da genitori che non intendono usarli per avere figli e ha bloccato metodi sperimentali come la tecnica della partenogenesi, in cui gli embrioni si ricavano dagli ovuli. Da settimane l’«Osservatore romano» elogia Obama con continue citazioni («è dai valori che dipende la nostra possibilità di successo») e riconoscimenti («sulla bioetica non è così radicale ed è meglio delle attese, le nuove linee-guida non consentono di creare nuovi embrioni a scopi di ricerca o terapeutici per la clonazione o a fini riproduttivi e fondi federali potranno essere usati solo per la sperimentazione con embrioni in esubero»).

Dieci giorni fa, a lodare Obama è stata, attraverso il Nobel Joseph Stiglitz, pure l’Accademia pontificia delle Sociali: «Per risolvere la crisi economica sta compiendo scelte giuste dal punto di vista della giustizia sociale». Sfumature mutate radicalmente da quando, a metà novembre, il cardinale James Stafford, capo della Penitenzieria apostolica e uno dei tre vescovi Usa che guidano un dicastero vaticano, lo condannava come «aggressivo, distruttivo e apocalittico», accusandolo di appoggiare «una piattaforma estremista contro la vita» e paragonando l’America dei prossimi anni al «giardino del Getsemani».

Meno duri nel descrivere quasi come un «Anticristo» quello che adesso sta diventando il principale alleato del Papa sullo scacchiere planetario sono stati i vescovi americani che a marzo, attraverso il cardinale di Filadelfia, Justin Rigali, hanno bollato il sì della Casa Bianca alla ricerca sulle staminali come «una triste, tragica vittoria della politica sulla scienza e l’etica» e «un’azione moralmente sbagliata, perché incoraggia la distruzione di vite umane innocenti, trattando essere umani vulnerabili come meri prodotti da coltivare».

fonte: da "La Stampa" del 18 maggio 2009