Rassegna Stampa

La missione di carità che fa bene alla Chiesa
di Michele Salvati


Legate alla tragedia del terremoto, vorrei avanzare due modeste proposte. Una riguarda lo Stato e l`altra la Chiesa.Il nostro Paese ha un`amministrazione pubblica e un intreccio tra politica e pubblica amministrazione - in breve, uno Stato - che funzionano peggio di quelli con i quali siamo soliti confrontarci. Il controllo del territorio - dunque anche il compito di fare leggi in grado di attenuare i danni di eventi sismici, e soprattutto di imporne il rispetto - è funzione essenziale e non delegabile dello Stato.


Il modo in cui questa funzione è ripartita tra diverse amministrazioni dev`essere dunque tale da consentirne lo svolgimento con la massima efficacia. Poiché interessi privati, connivenza politica e incapacità amministrativa (o peggio) cospirano a rendere lasco il controllo - a coprire di abitazioni le falde del Vesuvio o a usare tecniche costruttive inadeguate - le valutazioni amministrative e giudiziali cui quella funzione dev`essere sottoposta, ex ante ed ex post, devono essere continue e severe. Così non è avvenuto e si teme non avverrà neppure in futuro.

Ma non tutto lo Stato funziona male: funziona peggio in alcune zone, meglio in altre; peggio per alcune amministrazioni, meglio per altre altre. La Protezione civile sembra essere un`amministrazione che funziona bene - per le capacità di Bertolaso, le risorse di cui dispone, la sua relativa autonomia - ma essa interviene dopo che il disastro è avvenuto, oppure quando è possibile allertare le popolazioni di un disastro prevedibile e imminente. Di qui una modesta proposta, un suggerimento ingenuo in tempi di federalismo: non sarebbe possibile creare strutture nazionali altrettanto agili ed efficienti che coordinino il lavoro di prevenzione dei disastri? Che abbiano potere d`indagine e di supervisione su tutte le amministrazioni - ma soprattutto sulle amministrazioni locali, dove si prendono le decisioni più importanti ed è maggiore l`esposizione agli interessi - circa il rispetto delle leggi che impongono standard di costruzione adeguati al rischio sismico? Che impediscano, ad esempio, misure di declassamento del rischio, come pare sia avvenuto in Abruzzo? Anche nel caso di eventi imprevedibili, lo Stato non deve limitarsi ad interventi ex post. Ed è illusorio, come bene ha argomentato Franco Debenedetti sul Sole24ore del 16 aprile, pensare che assicurazioni private possano sollevare i poteri pubblici dai loro compiti di intervento ex ante.


La seconda «modesta proposta» è ancor più ingenua, perché riguarda una istituzione le cui logiche di condotta non sono in grado, come non credente, di comprendere a fondo. Si è percepito in modo palpabile il consenso che hanno suscitato iniziative di sostegno nei confronti dei poveri e dei disoccupati come quella promossa dal cardinal Tettamanzi a Milano, o iniziative di aiuto nei confronti dei terremotati come quelle annunciate dal presidente della Cei, il cardinal Bagnasco. Perché la Chiesa non accentua questa sua missione di carità più di quanto, o almeno quanto, essa sottolinea la sua intransigenza in materie di procreazione assistita o di testamento biologico? Mi rendo conto che, come portatrice di Verità, la Chiesa non è sensibile al consenso immediato nello stesso modo in cui lo è un politico. Di fatto, però, la Cei si è comportata in Italia come un soggetto politico, per contrastare il passaggio di provvedimenti che a suo giudizio sono in conflitto con i principi da essa difesi. Comportamento legittimo, naturalmente. Ma come soggetto politico essa subisce le logiche, e le oscillazioni, del consenso. Può subire sconfitte e forse compromettere la stessa immagine della Chiesa. In materia di testamento biologico, per esempio, la Cei ha sinora trovato orecchie attente ai suoi principi intransigenti, alcune per convinzione sincera, altre per calcolo di opportunità. Quanto potrà durare, trattandosi di principi che buona parte degli italiani giudicano troppo estremi? Passerà alla Camera una legge come quella che è passata al Senato? Non converrebbe alla Cei concentrarsi maggiormente su un terreno, quello della carità, in cui la Chiesa di sconfitte non ne può subire?


Questo argomento ci porterebbe però troppo lontano e concludo con un consiglio di lettura. Si tratta del terzo capitolo di un libro di un grande aquilano, di un grande italiano, Ignazio Silone: Uscita di sicurezza, disponibile negli Oscar Mondadori. In esso Silone racconta il suo incontro con don Orione, che aveva intravisto quando, durante il terremoto della Marsica del 1915, quel piccolo prete aveva costretto il re a cedergli una delle macchine del seguito per portare in salvo alcuni bambini i cui famigliari erano morti. Di don Orione, di grandi eroi della carità, ne nascono pochi. Ma di piccoli don Orione il sentimento religioso del nostro Paese, il volontariato cattolico, ne producono molti. Perché la Chiesa non sfrutta meglio questo suo straordinario vantaggio comparato?


fonte: da "il Corriere della Sera" del 21 aprile 2009