Anche la democrazia può degenerare
L'ex presidente della Consulta, Zagrebelsky: l'unico antidoto è l'inclusione
di Gabriella Monteleone
Solo ad ascoltare la sua voce pacata, si riscopre l’interesse (e il piacere) di prendersi del tempo per ragionare. Non a caso Gustavo Zagrebelsky, presidente emerito della corte costituzionale e giurista di fama internazionale, presiede il Comitato scientifico della Biennale Democrazia, che prenderà il via mercoledì prossimo a Torino con l’obiettivo dichiarato di «formare e diffondere una cultura della democrazia che si traduca in pratica democratica». Sembra facile. E infatti è consapevole di quanto l’iniziativa sia «una goccia nell’oceano», eppure necessaria.
Allora professore: per quattro giorni filosofi, giuristi, scrittori e studenti “staccheranno la spina” per parlare dei principi della democrazia, capire cos’è e soprattutto come la si fa vivere. È così necessario, oggi, in Italia?
Noi ci immaginiamo davvero che in quei quattro giorni ci sia uno stacco dalle abitudini quotidiane per raccoglierci e interrogarci sul modo e la qualità del nostro vivere comune.Quanto all’Italia di oggi, io rispondo: ognuno giudichi da sé. Dal ’48 ad oggi, comunque, non c’è stato un momento in cui non si è parlato di “crisi della democrazia”. Questo ci fa concludere che la democrazia è un regime perennemente in crisi.
In che senso?
È un ideale di vita comune. Credo che nessuno sappia indicare una democrazia pienamente realizzata.
Cos’è che la pregiudica?
La democrazia è un insieme di regole e principi rispetto ai quali è sempre all’opera il tarlo dell’oligarchia, che peraltro è prodotto al suo interno. È la creazione di ceti, gruppi chiusi che si alimentano di procedure della democrazia ma che in realtà tendono a svuotarla.Classicamente si è elaborata la teoria dei “cicli” delle forme di governo: dalla democrazia si passa all’oligarchia, poi alla monarchia per poi tornare alla democrazia. Joseph-Marie de Maistre, tra i portavoce del movimento controrivoluzionario che fece seguito alla Rivoluzione francese, diceva che “la democrazia è il regime solo del primo istante perché dopo deve appoggiarsi necessariamente su oligarchie”.Ogni tipo di governo produce insomma dal suo interno i fattori di degenerazione.
Quanto sono degenerati questi fattori, oggi in Italia?
Ognuno giudichi da sé. Certo, tutta la polemica sulla casta fa ritenere che siano avvertiti come rilevanti. L’attuale sistema elettorale è la tipica espressione di questo rovesciamento: i cittadini sono chiamati a ratificare scelte di gruppi politici organizzati.
Il problema è tutto politico ma nel programma non sono previsti interventi di politici.
La scelta è voluta per evitare la “passerella”. Ma soprattutto perché la Biennale aspirerebbe a essere un momento di “cultura” politica che deve obbedire a regole sue.
Temevate accuse di partigianeria?
La procedura attraverso la quale è maturata questa iniziativa è completamente diversa. Prima abbiamo scelto i temi, e poi individuato i soggetti che avessero qualcosa da dire su questi argomenti ritenendo che rispecchiassero la pluralità delle culture e dei punti di vista. A me dà fastidio che qualcuno prenda il programma e lo definisca più del Pd o del Pdl, come pure è avvenuto.Per fortuna il mondo della cultura è molto più vario.
Uno dei dialoghi previsti è dedicato a “Polulismo e democrazia”. Ad un certo tipo di populismo “naturale e spontaneo” ci stiamo già abituando in Italia.
Populismo, demagogia, cesarismo o personalizzazione del potere... in realtà questa è una tendenza diffusa in tutte le democrazie. Anche Obama, dal punto di vista della personalizzazione, è un trionfo. E l’Italia, nel suo piccolo, dà il suo contributo.
Si può esorcizzare questo populismo o si può imparare a sfruttarlo?
Una certa quota di personalizzazione del potere come forma di autoriconoscimento già c’è, e va anche bene. Il problema è l’esclusione: il potere si concentra in centri che agiscono in luoghi invisibili.L’antidoto è agire per l’inclusione, il coinvolgimento, con politiche di espansione della partecipazione: sembrano ricette vecchie, ma a mio parere non c’è altro rimedio che la partecipazione, cercando di sfruttare le nuove tecnologie.
Anche il voto elettronico sarà la naturale evoluzione della democrazia?
Sì certo, se accompagnato da una discussione pubblica. Non ha senso, ad esempio, chiedere se la Turchia debba entrare nell’Ue se non è preceduto da una fase di “democrazia deliberativa” intesa come “confronto di argomenti”, prima che come decisione. L’elettore crede di essere sovrano ma questa sovranità è vuota, in realtà non sa nulla.
Cavour parla alla seduta del 14 marzo 1861 del primo parlamento italiano.
fonte: da "l'Europa" del 18 aprile 2009