"Cara Verona, romeno non vuole dire ladro"
di Anna Zegarelli
Essere romeni non è sinonimo di ladro o stupratore. Per questo la metropolia ortodossa romena dell'Europa Occidentale e meridionale della diocesi italiana ha scritto un'accorata lettera ai giornali italiani, alle tivù, alle radio e l'ha inviata a tutte le chiese ortodosse, compresa quella veronese retta da padre Gabriel Codrea. Quest'ultimo ha dato il via ad una raccolta di firme nella comunità romena veronese affinché Comune, Provincia e Diocesi non dimentichino che ad accudire molti bambini ed anziani sono proprio loro, i romeni.
La lettera inizia proprio con «Cara Italia» e continua nel racconto in prima persona di un romeno, o romena qualsiasi, uno di quei sei milioni arrivati negli anni Novanta, dopo la caduta di Nicolae Ceausescu. «Ho sempre considerato che la mia nazionalità non costituisce un difetto, ma è un motivo di orgoglio», si legge, «Quello che mi definisce come essere umano non proviene dal passaporto ma da quello che rappresento davvero e sono in grado di offrire a te e a tutti gli italiani con i quali vengo in contatto. Sono rattristato però, perché da qualche tempo, per alcuni, la cittadinanza romena e diventata un problema, l'appartenenza alla grande famiglia europea non conta più ed il principio generoso di “umanità”, al quale la cultura italiana ha contribuito nei secoli scorsi in maniera fondamentale è stata dimenticata a favore di alcuni criteri pericolosi quali “razza” e “straniero”. Queste categorie creano spaccature nel corpo sociale e generano inimicizie discriminatorie, calpestando perfino lo spirito e la lettera della Costituzione italiana».
Nella missiva si parla di diritti politici, di diritto alla vita, di diritti umani. E di romeni, gente comune, che vive e lavora in tutto il nostro Paese rispettando la legge. Padre Codrea si arrabbia: «Perché guardiamo solo a quanti delinquono? Se dobbiamo guardare la nazionalità allora dovremmo dire che uno degli ultimi stupratori non è un romeno ma è di origine ungherese. Questo aspetto forse cambierebbe qualcosa?». Codrea guarda avanti, pensa ai romeni ben integrati e a quel disagio sottile che vivono nonostante la cultura, le tradizioni siano più vicine che mai. «Pensando a tutto ciò ed alla bella storia che noi potremo creare insieme, ho la fiducia che i tuoi cittadini capiranno che i romeni non sono ne più buoni ne più cattivi degli italiani», afferma padre Codrea facendo sue le parole scritte nella lettera partita dalla diocesi ortodossa romena d'Italia, «ho la fiducia che la furia nulla risolve, ma il rispetto reciproco, la fiducia e l'applicazione corretta delle leggi possono invece fare tanto».
«Che noi, romeni ed italiani, siamo uguali ed è proprio per questo che possiamo costruire insieme tante buone cose ed è ancora per questo che tu ci hai ricevuti qui, cara Italia e cara Verona».
Fonte: "l'Arena" del 1 Marzo 2009