Intervista a Mons. Giancarlo Maria Bregantini
a cura di Giacomo Galeazzi
“Rispetto il papà: ha voluto provocare le coscienze”
«Sono vicino a Peppino Englaro che invece di ricorrere a sotterfugi è sempre stato corretto e ha creduto nella giustizia. Bisogna apprezzare la sua rettitudine». L’arcivescovo Giancarlo Maria Bregantini, 60 anni, trentino, commissario Cei del Clero e della vita consacrata, per tre lustri presule anti-clan a Locri e due anni fa promosso alla guida dell’arcidiocesi di Campobasso, tende la mano al papà di Eluana che, invece, secondo Avvenire «si è fatto giudice e boia».
Peppino Englaro «boia», come attacca il giornale della Cei?
«Ora è proprio il caso di abbassare i toni e riflettere con maggiore pacatezza ed equilibrio. E senza dimenticare mai che la misericordia è la nota dominante che permea tutto il Vangelo. Come credenti dobbiamo stringerci attorno alla famiglia Englaro che per 17 anni ha sofferto un atroce calvario e ora sperimenta il dolore più lancinante. Sul piano soggettivo e a livello personale, dobbiamo tutti comprendere una situazione altamente dolorosa che si è conclusa in modo triste. Io avrei preferito che Eluana fosse affidata sempre più alle suore e continuare a starle vicino accompagnando questo padre così provato e meritevole di profondo rispetto».
Qual è il merito del papà di Eluana?
«Peppino Englaro è stato grande nell’aver voluto una soluzione legale senza mai cercare scorciatoie sotto banco. Personalmente non avrei trasferito Eluana a Udine, ma non pronuncerò mai condanne contro la famiglia Englaro né farò campagne. Va rispettato il dolore personale, soggettivo di un padre che si è fidato della giustizia ed è stato esemplare nel rifuggire dai sotterfugi. Di tanti casi simili a quello di Eluana non si è mai saputo nulla perché si sono fatte le cose di nascosto. Al contrario, Peppino Englaro, con la sua rettitudine, ha voluto provocare le nostre coscienze, perciò merita rispetto sul piano personale e della modalità d’azione. Ci ha posto di fronte ad un macigno sul quale bisogna riflettere».
Oltreché contro Peppino Englaro, le associazioni cattoliche puntano l’indice contro Napolitano per la mancata firma sul decreto «salva-Eluana». E’ d’accordo?
«No. Il Capo dello Stato aveva motivazioni certamente fondate per non firmare. Era la sentenza dei giudici a non essere accettabile per la morale cattolica, non certo la mancata firma del presidente Napolitano. Piuttosto il Parlamento poteva essere più lungimirante e assumersi prima il compito di legiferare sul fine vita e non pretendere di risolvere tutto in poche ore. Adesso bisogna cogliere la provocazione positiva di Peppino Englaro. Ha anche chiesto la benedizione di Eluana, che va accolta con grande misericordia tra le braccia della Chiesa. Avremmo dovuto camminare più insieme alla famiglia Englaro, accompagnarla di più in questi anni. Eluana potrebbe essere la nostra mamma, la nostra sorella, una persona a noi cara. Non dobbiamo lasciare sola la famiglia Englaro».
fonte: “La Stampa” - 11 febbraio 2009