Rassegna Stampa

Appello a Bagnasco

Ecco la bozza segreta con cui prof. cattolici criticano la C.E.I.
sul tema del fine vita.

Pubblichiamo la bozza riservata di un appello indirizzato a tutti i professori di Filosofia morale d’Italia e scritto da Carmelo Vigna (docente all’Università Ca’ Foscari di Venezia) e Stefano Semplici (docente all’Università Tor Vergata di Roma) per criticare la linea della Cei e di monsignor Angelo Bagnasco a proposito dei temi sul fine vita. L’appello di Vigna e Semplici nasce dall’esigenza di organizzare da sinistra una vera mobilitazione per esprimere un certo non allineamento cattolico nei confronti delle idee del presidente della Cei sul testamento biologico.

Cari colleghi, alcune settimane fa avevamo già verificato con alcuni di voi l’opportunità di contribuire al dibattito anche interno alla Chiesa sulle questioni del fine vita, con una riflessione destinata non ai giornali ma ai nostri pastori. Il rapido avanzare dei lavori parlamentari e la progressiva polarizzazione delle posizioni ci sembrano oggi rafforzare questa esigenza. Il confronto, d’altronde, si concentra ormai con chiarezza intorno ad un semplice interrogativo, al quale va data una altrettanto semplice risposta, nella consapevolezza che ci sono buone ragioni da una parte e dall’altra: è giusto o no, in condizioni comunque estreme, costringere una persona a ricevere una assistenza che non è un accanimento e che tuttavia quella persona assolutamente non vuole? Noi crediamo di dover rispondere no. Chiediamo a chi condivide questo disagio di firmare questa lettera che vorremmo inviare, insieme magari a colleghi di altre aree, al cardinale Bagnasco.

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A Sua Eminenza Reverendissima
cardinale Angelo Bagnasco
Presidente della Conferenza episcopale Italiana

Eminenza Reverendissima,

l’Italia vive, come altri paesi, un momento particolarmente difficile. Ed è proprio in situazioni di crisi che diventano più importanti le risorse del capitale morale e sociale di un popolo, la coscienza e la passione di un impegno quotidiano intorno a valori comuni. La legge che il Parlamento approverà sulla fine della vita sta lacerando, anziché unire. E sta riproponendo anche nel mondo cattolico dolorose divisioni, che spesso si colorano dello stile di un linguaggio aggressivo e rischiano di lasciare strappi che non sarà facile ricucire.

Vogliamo raccogliere l’invito che Lei ha tante volte rivolto agli italiani a coniugare il dovere del delicato rispetto per vicende drammatiche con quello di una responsabilità morale forte per la vita, continuando a lavorare per il più ampio consenso possibile insieme a tutti gli uomini di buona volontà.

Crediamo che il favor vitae sia il presupposto “non negoziabile” della relazione medico-paziente e delle garanzie che il diritto consolida e non può non consolidare intorno ad essa. Ma non possiamo neppure evitare di dichiarare il nostro sostegno a due tesi che per noi coincidono con la convinzione che, come c’è un limite che la politica e il diritto devono rispettare, così anche la testimonianza della verità che non vuole farsi violenza deve trovare la giusta misura del suo rapporto con la libertà, senza la quale la verità stessa perde la sua “casa”. I due punti che condividiamo, evitando di entrare nel dettaglio delle linee argomentative che sono a tutti ben note, sono dunque i seguenti:

- una chiara, inequivocabile dichiarazione anticipata di volontà deve poter costituire (nelle situazioni estreme come quella di uno stato vegetativo persistente e solo in esse) una condizione di eccezione al principio generale per il quale devono essere garantite a tutti i pazienti, anche a coloro che non sono più in grado di esprimersi, non solo le forme di sostegno vitale come l’alimentazione e l’idratazione ma tutte le terapie che non possono essere considerate forme di accanimento;

- ai pazienti capaci di intendere e di volere e che si trovano tuttavia in condizioni di totale dipendenza fisica deve comunque essere garantita la rinuncia alle cure. Anche quando questa rinuncia richieda un comportamento in qualche modo “attivo” da parte di un medico (p.e. staccare una macchina), al medico dovrà essere riconosciuto un diritto di astensione da un comportamento che ritiene contrario alle proprie concezioni etiche e professionali, ma il paziente dovrà poter vedere soddisfatta la propria richiesta, secondo quanto previsto nel parere recentemente votato a larghissima maggioranza dal Comitato nazionale di Bioetica.

Sappiamo che queste convinzioni divergono dalle indicazioni finora fornite dai nostri pastori, ma è proprio per questo che ci rivolgiamo a Lei con la fiducia che la Chiesa possa esprimere una capacità di inclusione più ampia, oggi necessaria anche per allargare gli spazi del servizio di verità e di carità del quale si sente tanto forte il bisogno e che continua ad interpretare - ne siamo certi - l’anima profonda del popolo italiano. Il nostro impegno è e vuole restare in questa direzione.
fonte: "Il Foglio" del 25 febbraio 2009