tratto da Fiscooggi ,27.12.08
Islam, per il cittadino pagare le tasse è un atto di fede
Uno dei cinque doveri fondamentali è costituito dall'adempimento degli obblighi fiscali posto a fondamento della religione
Ogni musulmano, ovvero ogni persona che osserva la religione islamica, è obbligato a rispettare cinque doveri che rappresentano i fondamenti della fede. In particolare, le regole da seguire sono la "shahada" (cioè, la professione della fede), la "salat" (ossia, la preghiera), la "zakat" (e, cioè, la tassa santa), il "sawm" (il digiuno) e l'"hajj"(il pellegrinaggio).
Islamic economics
La zakat, inoltre, rappresenta uno dei tre pilatri su cui si fonda l'economia islamica. Gli altri due sono il divieto della "riba" (e cioè di una forma di usura ossia di pagamento di interessi fissi o determinabili su prestiti) e il "filtro morale islamico" (ossia la distinzione dei comportamenti da tenere, come le scelte di consumo, in "halal" - consentiti -, "makrough" - ammessi sub condicio e "haram" - vietati; tra quest'ultimi, non è permesso investire, nel campo del tabacco, dell'alcol, del gioco d'azzardo, della speculazione, della pornografia, della carne di suino e delle attività bancarie in cui l'intermediazione dei capitali è basata sul pagamento di un tasso di interesse). I principi economici islamici derivano dall'applicazione dei precetti della Sharia (la legge santa islamica che trae spunto dal Corano e dalla Sunna) e si propongono l'obiettivo di identificare e promuovere un ordine economico conforme alle scritture e alle tradizioni religiose sacre.
Le entrate statali
In linea generale, la legge islamica non ha proclamato o stabilito delle direttive per determinare le entrate dello Stato o per definire la politica economica. Tale silenzio è stato interpretato da alcuni Autori come la possibilità per i governanti locali di fissare, in modo discrezionale e secondo le circostanze del caso, le regole per le proprie entrate (a condizione però che le stesse non abbiano alcuna connessione con l'imposta coranica vera e propria).
La zakat
Tralasciando - in questa sede - gli altri aspetti di natura socio-economico-religiosi, giova, invece, puntare l'attenzione sulla forma di tassazione fiscale prescritta dal Sacro Corano: la zakat, vera e propria "decima" religiosa che rappresenta, ancora oggi, l'unica imposta sul reddito delle persone fisiche, che si applica al reddito agricolo, del bestiame e del commercio. Letteralmente zakat si traduce col termine "purificazione" e il versamento d'imposta viene ritenuto dagli islamici essenziale in quanto ha lo scopo di purificare il reddito (e cioè la ricchezza). Il denaro, secondo la cultura islamica, non può generare altro denaro (earning asset), in quanto produrrebbe la diabolica tendenza ad accumularsi della ricchezza nelle mani di pochi soggetti (oligopolio reddittuale che dividerebbe la società in due classi: ricchi e poveri). In particolare, col meccanismo della zakat si effettua una redistribuzione generale della ricchezza al fine di arginare i fenomeni di impoverimento sociale. Con riferimento al settore agrario e animale il contadino deve versare 1/10 del raccolto (sempre che l'irrigazione sia avvenuta naturalmente con la pioggia, l'acqua sorgiva o quella di un fiume o di un bacino mentre deve essere versato il 5% se l'acqua è ottenuta da pozzi lontani e trasportata con fatica e mezzi dispendiosi). L'imposta che grava sul denaro, commercio, industria, sfruttamento minerario, è pari, invece, al 2,5% del reddito annuale pro capite di tutti i fedeli adulti, uomini e donne, detratti i debiti e le spese per la famiglia (secondo la lettura divina tutto appartiene a Dio e, pertanto, parte dei beni posseduti deve essere devoluta alla comunità). La predetta misura percentuale rappresenta, ciò nonostante, l'obbligo minimo non esistendo un tetto massimo che può essere superato (a condizione che non vengano compromesse le condizioni familiari). La tassa coranica, versata in denaro o in natura, in altri termini, assolve un compito educativo ed eserciterebbe lo spirito dell'alienante al pensiero di società per cui chi può deve aiutare gli altri, ed in questa maniera adempie alla religione e al volere di Dio verso cui il musulmano deve saldare il "debito" per quanto Egli ha dato. In estrema sintesi, chi possiede una quota minima o superiore al valore di 96 grammi d'oro (nissab), che non ha utilizzato durante l'anno, deve adempiere al versamento religioso della somma sotto forma di zakat. I proventi della zakat devono essere utilizzati a beneficio di una specifica categoria di soggetti destinatari: i poveri, i bisognosi, i convertiti, gli esattori, i prigionieri di guerra, i debitori inadempienti, i viaggiatori in terra straniera e gli impegnati al servizio della causa di Dio.
L'evasione fiscale, la distribuzione ai bisognosi e la riscossione
La mancata prestazione della zakat equivale al trattenimento indebito del fedele e corrisponde - seppur con profili religiosi - ad una forma di "evasione fiscale". Ogni individuo, pertanto, è tenuto a prelevare l'imposta coranica dai suoi averi, ovunque esso si trovi (e cioè anche se domiciliato in un Pese non islamico). Al riguardo, giova osservare, che l'Irs (Internal Revenue Service), vale a dire l'Agenzia americana delle Entrate, riconosce allo zakat pieno valore tributario. Infatti i musulmani che versano tali somme hanno diritto, se dichiarano il reddito negli Usa, a un incentivo fiscale sotto forma di deduzione dal reddito. La tassa può essere distribuita ad altri musulmani bisognosi ovvero versarla alle apposite associazioni islamiche che possono provvedervi. Nello Stato islamico, può essere riscossa da un ente governativo, un dipartimento ad hoc che ha lo scopo di garantire la ripartizione secondo le leggi coraniche. La zakat di rado viene applicata per i musulmani Sciiti in Occidente (secondo cui è dovuta solamente su 9 beni: oro, argento, cammelli, mucche, pecore, grano, orzo, datteri, uvetta).
La sadaka
Al contrario della zakat, che raffigura un dovere tributario imposto da Dio al musulmano credente, la "sadaka" (ossia, l'elemosina) rappresenta un dovere morale (e quindi un sistema non obbligatorio) per il musulmano, sia esso un soggetto ricco ovvero nullatenente (il Profeta diceva, in proposito, che "L'elemosina spegne i peccati come l'acqua spegne il fuoco").
Il khoms
Diversi Paesi islamici prevedono, infine, una terza figura d'imposta sacra. In particolare, nei Paesi di tradizione Sciita, il khoms, che letteralmente si traduce col termine "quinto", rappresenta la principale fonte di sostentamento dei religiosi oltre che un capitolo per finanziare i servizi pubblici.
Tale imposta consiste nella donazione volontaria e quindi in una autotassazione annuale che viene eseguita dai soggetti più agiati con aliquota pari al 20 per cento calcolata sui guadagni di lusso derivanti dalle attività del commercio o dell'agricoltura o originanti da successioni ereditarie. Nel dettaglio il Khoms consiste nella deduzione della parte di 1/5 da sette specifiche entrate fiscali: i ricavi di guerra, le miniere, i tesori terrestri, i tesori marini, le rimanenza dopo le spese annuali, il ricavato dei terreni che non si riferiscono ai musulmani, il denaro lecito mischiato a quello proibito che non si riesce a distinguere (i guadagni di fonte illecita sono indizi di disobbedienza a Dio). Secondo la tradizione Sunnita il khoms va pagato soltanto sui guadagni di guerra, con l'effetto che questa imposta non viene attribuita dai Sunniti.
Altre imposte
Con le dovute specificazioni, rientrano nel sistema islamico, infine, la tassa terriera (khiraj), la tassa dei non musulmani sotto la protezione di un governo islamico (jaziyyah) e il bottino di guerra (anfal).