Pensando

EDITORIALE
Tra le pochissime che non sono crollate, rendono il centuplo. L’esperienza ci ha insegnato che non c’è affare più redditizio.
di Ernesto Olivero

Da più di vent’anni il Sermig ha lanciato le “azioni di pace”, che rendono il 100%. Infatti mobilitano risorse spirituali e materiali per sostenere iniziative di solidarietà: denaro, tempo, fantasia, vengono investiti con gli ultimi e promuovono lavoro, sviluppo, dignità, pace.
Queste azioni, comprate da milioni e milioni di persone di buona volontà, ci hanno permesso di dare vita ad una “economia della restituzione”, un’economia alla rovescia in cui guadagna chi perde, cioè chi restituisce quello che ha, quello che sa, chi si fa gli affari degli altri e non i propri. L’esperienza ci insegna che non c’è affare più redditizio. Parafrasando la parabola del vangelo (Mt 13,8) possiamo affermare che una parte della semina (investimento) cade sulla terra buona (chi geme per le condizioni di vita indegne), germoglia e frutta cento volte tanto.
Alla luce degli ultimi avvenimenti le azioni di pace sono tra le pochissime, forse le uniche, che non sono crollate.

Oggi la paura sta bussando in modo prepotente alle porte delle nostre case attraverso i giornali e la televisione che ci raccontano l’evolversi di una gravissima crisi dei mercati finanziari. Per molti risparmiatori, imprenditori e lavoratori si tratta di un vero e proprio incubo. Si corre il rischio di una recessione su scala mondiale.

Siamo in un periodo difficile perché qualcuno ha preso tra le sue mani tante energie, tante risorse e le ha sprecate, le ha investite sulla sabbia e non sulla roccia, senza regole se non quelle del profitto ad ogni costo, senza etica. C’è un’avidità sproporzionata, indecente, un’avidità che grida vendetta.
Nel frattempo chi gestisce il potere è riuscito a fare in modo che nessuno senta il grido della gente che piange, che chiede giustizia, che a volte chiede vendetta e a volte, ancora peggio, mette a tacere chi ha qualcosa da dire.

Sono convinto che dobbiamo – noi qui al Sermig e più in generale chi ha delle responsabilità - imparare a non sprecare, a trattare con “religiosità” (parola questa che non mi invento io, è scritta sul manuale di una grossa banca) i soldi che la gente ci affida. Penso, senza essere presuntuoso, che il Sermig è una meraviglia di Dio perché è di Dio. Proprio per questo ci sentiamo più che mai impegnati a rispettare la gente che per nostro tramite investe in azioni di pace, cominciando dai piccoli gesti di ogni giorno, dal non accendere le luci quando sono inutili, dal consumare solo l’acqua che ci serve.

Mi chiedo, ad esempio, come sia possibile per un giudice, per un professore universitario, per un imprenditore o per uno che ha già una attività, entrare in politica e cumulare pensioni e liquidazioni; per un manager prendersi stipendi e liquidazioni di milioni di euro anche quando i risultati sono fallimentari. Mi chiedo come possa un presidente di un comitato olimpico guadagnare cifre da capogiro, anziché sentirsi onorato di svolgere gratuitamente un tale incarico ed essere orgoglioso di poterlo raccontare ai propri figli.

Oggi perché non succede? Perché secondo la mentalità comune valgono, contano solo le persone che straguadagnano e che giungono perfino a falsificare i bilanci per poter guadagnare di più. Dalle cronache sappiamo che dirigenti di importanti banche d’affari si sentivano autorizzati ad affittare aerei privati per raggiungere località esclusive dove se la spassavano con amici e amiche.
Sappiamo tutti quanto negativamente questi comportamenti abbiano influito sull’economia reale.

In un mondo che è sempre più al buio dobbiamo sentirci impegnati a diventare un faro di speranza e il faro, per chi guarda, vuole dire: qui c’è vita. Vita vera!
Stiamo attaccati a Dio per essere un faro, per essere speranza, per aiutare quelle persone che hanno sbagliato a chiedere scusa, per aiutare quelle persone che hanno rubato a restituire, perché in Dio c’è salvezza, ma dobbiamo riconoscere i nostri errori e avere un forte desiderio di conversione e riconciliazione. Solo allora il buio dello sbaglio può trasformarsi in una luce di speranza.
Stiamo comprendendo sempre più che dobbiamo tornare a Dio e far venire alla gente il desiderio di ritornare a Dio. Il ritorno a Dio è per tutti. E ritornare a Dio vuol dire non rubare, non dire falsa testimonianza, non imbrogliare, …

Il ritorno a Dio è entrare nella contemplazione dove seppure mangi pane e formaggio lo gusti come la cosa più bella che ti possa capitare, perché stai mangiando e non è scontato. Oggi invece il simbolo della ricchezza è la sguaiatezza, lo spreco, l’ostentazione e i giovani ne hanno patito. Tanti giovani che non possono permettersi amanti, Ferrari, ville, imbrogli, sono andati in depressione e allora si sono arrangiati con droghe e sballi. I “grandi”, tutti i “grandi”, devono sentirsi in colpa per questo e cambiare per diventare onesti come alcuni “grandi” che ho conosciuto e che mi hanno dimostrato che si è “grandi” proprio perché si è onesti. Pur avendo delle cariche importanti la prima cosa che dicevano era: “Posso servire, posso aiutare?”.
Oggi se non ci si ferma il mondo va avanti lo stesso, ma va verso la fine.
Fermarsi vuol dire entrare nella logica di Dio.

Noi siamo in un periodo di crisi e la crisi sarà ancora più grave di quello che immaginiamo grazie a quegli speculatori ai quali non importa nulla di affamare intere popolazioni. La nostra fraternità è sicura che, malgrado la crisi, la gente, tanta gente, continuerà a togliersi anche il pane di bocca affinché possiamo aiutare tanti poveri e tante persone che cercano il senso della vita. Il nostro compito, la nostra gioia, è di essere trasparenti pubblicando i bilanci attraverso i quali tutti possano godere e sorprendersi davanti alle meraviglie di Dio.

Ernesto Olivero