presentazione di "Poesia come profezia"
“Alcune cose accadono, ma non trovano una voce che le racconti”. Così Maria Zambrano scrive in una delle sue recenti pubblicazioni. Questa sera, grazie agli scritti di Chiara Saletti, una voce chiara e sicura ha reso viva una storia, quella di Alda Merini, che, attraverso la propria poesia, si manifesta quale testimone di un incontro con Dio che “tra le pieghe dell’esperienza quotidiana della fatica, della paura, del dubbio, diventa compagno di viaggio, capace di com-prendere gli affanni, compatire le cadute, farsi vicino in quanto egli stesso è impotente e sofferente” [dalla nota in quarta di copertina].
Come si legge in quarta di copertina, Chiara, veronese, è insegnante di religione cattolica e socia del Coordinamento Teologhe Italiane (CTI). Laureata in lettere moderne, ha conseguito il magistero in Teologia presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Verona e, questa sera, ha presentato appunto il suo libro “Poesia come Profezia”.
Una voce che si fa carne, che assume e si rende, a sua volta, corpo di una parola in un universo etereo, sospeso; accompagnata da sublimi note di una cetra che ne sottolineano, esaltano e quasi sublimano le emozioni di una poesia intima, carnale, risultante di un incontro profondo con quel Dio che è “pazzo Messia che grida a Dio tutto il suo amore”, un Dio che è anche uomo fragile e debole, capace di supplicare – lui, il Maestro – Pietro – il discepolo, l’uomo – di non lasciarlo perché ha bisogno di lui.
Sono alcune delle parole di cui Alda Merini ci fa dono nel suo “lasciarsi visitare dalla poesia”, nel suo scrivere orfico, e che Chiara Saletti assume come punto di partenza per una riflessione che, pur partendo dalla poesia, spazia e spicca il volo spalancando gli orizzonti di una parola che abita il vivere del nostro tempo, portando acqua a piccoli germi di speranza.
Poter osservare le espressioni di un volto che incarna e si fa espressione, corpo appunto, di una voce che penetra nell’intimità più profonda del messaggio di una poesia viva e vivificante e la offre, così, pura come è, all’io che si lascia abitare da essa, è il dono prezioso di questa serata di condivisione.
Un libro che, si intuisce, non è solo raccolta di grafi neri a riempire freddi fogli di carta, un libro che è storia di una storia umana, di incontri, emozioni, contatti e sguardi: una vita di relazioni: con Dio, con se stessi e con l’altro. “I poeti lavorano di notte / quando il tempo non urge su di loro, quando tace il rumore della folla / e termina il linciaggio delle ore. I poeti lavorano nel buio / come falchi notturni od usignoli / dal dolcissimo canto / e temono di offendere Iddio. Ma i poeti, nel loro silenzio / fanno ben più rumore / di una dorata cupola di stelle”. [da A. Merini, “Testamento”].
Una poesia che è “grido non taciuto”, che “espande lo spirito mentre distrugge la lettera” [M. Luzi]. Si percepisce un parola che mira a scalfire un animo, sempre più sfuggente, in un mondo dove il fare ha preso il posto dell’agire; nel quale il tempo non è più strumento a servizio dell’uomo, bensì ne è diventato signore, sino a dominarne l’intera esistenza. Una parola che si propone come colei che può prendere per mano questo uomo e guidarlo ad addentrarsi in un universo fatto di infinito e nel quale, finalmente, trovare pienezza: il mistero dell’amore gratuito di Dio, tenerezza ed abbraccio al quale abbandonarsi.
Una parola che aiuta a diventare consapevoli del fatto che è ancora possibile coltivare sogni, una poesia che aiuta a coltivare una utopia, un messaggio che spinge a superare la dimensione del caldo sostare per puro piacere e si fa forte appello a ripartire. Un invito a recuperare il senso dell’abitare, invece, le relazioni in senso poetico, prendendosi cura gli uni degli altri, costruendo dei ponti che favoriscano il dialogo e conducano alla conoscenza dell’altro. Un tentativo che prova a favorire la dimensione della condivisione, superando il noi e voi, coltivando un senso comune: una utopia che è già realtà.
Andrea Protti - Sezano, 10 ottobre 2008