tratto da Calabria Ora, del 18.07.08
Una questione nazionale
di MARCO MINNITI *
Le dichiarazioni del dottore Vincenzo Macrì, della Procura nazionale antimafia, sulla presenza della ’ndrangheta in Lombardia e in particolare nella cintura milanese e sui costanti tentativi delle cosche calabresi di una sempre maggiore infiltrazione in quei territori, hanno avuto il merito di riaccendere l’attenzione su un fenomeno che, nei territori in cui in passato è stato sottovalutato, ha provocato guasti molto seri e profondi.
Ben vengano, quindi, le reazioni dei media - dal calabrese Calabria Ora al Corriere della Serafino all’ampio servizio del Tg1 - che hanno dato conto del fenomeno testimoniando anche le tensioni presenti tra i cittadini. Soprattutto ben vengano le preoccupazioni e gli allarmi dei sindaci di Cesano Boscone, Trezzano sul Naviglio e Corsico che, con una lettera ufficiale congiunta, nel mentre c’hanno dato preziose informazioni sul proprio e coraggioso impegno a sostegno delle forze dell’ordine, hanno chiesto, sulla base delle loro specifiche esperienze e conoscenze, un più attivo e intenso impegno per colpire e bloccare la presenza della ’ndrangheta nei territori da loro amministrati.
Che la ’ndrangheta, e più in generale i fenomeni di criminalità organizzata, non siano soltanto un problema delle terre in cui si sono originate, è ormai un dato acquisito da parte di chiunque se ne sia interessato con la responsabilità di doverli combattere.
’Ndrangheta, Cosa nostra e Camorra costituiscono un grave vulnus per l’intera democrazia italiana, una insopportabile sfida contro la Repubblica che vede insidiata la propria sovranità territoriale in parti importanti del paese. Oltre queste cruciali questioni di principio e di sostanza, bisogna poi tenere conto che obiettivo precipuo della criminalità organizzata è il proprio arricchimento e quindi, oltre che nei lucrosi e devastanti traffici di droga, essa tende a inserirsi nel tessuto produttivo dei territori in cui opera inquinandolo progressivamente e condizionando pesantemente settori interi dell’economia e la libertà di tutti gli imprenditori sani, che per fortuna sono, sempre e ovunque, la grandissima maggioranza.
Insomma, le mafie sono una questione nazionale, un morbo che può infettare chi, sottovalutandone la pericolosità non mette in moto con sufficiente prontezza le misure necessarie per sconfiggerle.
C’è ’ndrangheta in Lombardia? Certo che c’è. Ne testimonia una presenza ampia e preoccupante la relazione della Commissione parlamentare antimafia che è stata licenziata pochi mesi fa dal Parlamento col voto unanime di centro sinistra e centro destra. E’ noto poi l’impegno della procura antimafia di Milano che ha istruito parecchi processi che si sono conclusi con sentenze che hanno assestato colpi durissimi alle cosche. Un impegno, quello di magistratura e forze dell’ordine, che,
dispiegando, in continua e positiva collaborazione con la magistratura calabrese, per
continuare a colpire il fenomeno fino a stroncarlo. Il dottore Macrì non ha, quindi, rivelato la presenza della ’ndrangheta nell’interland milanese ma più semplicemente ha richiamato l’attenzione - e per questo lo dobbiamo ringraziare - su una realtà già ampiamente verificata. Ha fatto bene perché una strategia che punti a vincere definitivamente il crimine organizzato - ed è questo l’obiettivo che dobbiamo avere - deve dispiegarsi non soltanto attraverso momenti straordinari, quando magari intervengono eventi che creano emozione e disorientamento nell’opinione pubblica, ma con continuità ordinaria, ogni giorno e senza dare un attimo di tregua.
Abbiamo dolorosamente imparato che tutti i momenti in cui lo Stato si è fermato, non
solo per sottovalutazioni ma magari per riprendere respiro, le mafie ne hanno approfittato per stendere le loro reti o allargare il proprio potere violento.
Il fatto che la ’ndrangheta sia a Milano significa che la Lombardia sia in balia delle cosche? Certo che no. Ma segnali di attenzione come quelli che arrivano dalle forze dell’ordine e dalla magistratura o tragici agguati mafiosi come quello di Legnano dov’è stato ucciso da un commando di ’ndrangheta il boss di Guardavalle Carmelo Novella non vanno sottovalutati.
Non serve a nessuno farlo specie in una situazione in cui la Lombardia si appresta
a ospitare eventi che comporteranno investimenti di straordinaria grandezza e che
tutti insieme dobbiamo lavorare perché possano realizzarsi in assoluta trasparenza garantendo ad imprenditori e operatori economici il massimo di sicurezza e serenità. Ogni volta che c’è stata una sottovalutazione è arrivato, sempre e comunque, un brusco e doloroso risveglio.
Dietro il disconoscimento della presenza mafiosa c’è stata talvolta in passato la paura che la criminalità organizzata una volta insediatasi in un certo territorio diventi una componente ineliminabile e, soprattutto, comprometta l’insieme della sua economia. Non è così.
La mafia può essere fronteggiata e sconfitta. La condizione è non sottovalutarne il pericolo e, soprattutto, non darle tregua mai tenendo alti e costanti l’impegno delle istituzioni e l’attenzione dei cittadini.
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*Marco Minniti, ministro ombra all’Interno e segretario regionale del Pd