Rassegna Stampa

Veline, il silenzio dei cattolici


di Giorgio Merlo


Il curioso dibattito su come un uomo pubblico può difendere la propria privacy è balzato all’attenzione della pubblica opinione dopo le note vicende riconducibili ad alcuni fatti che riguardano la vita privata del presidente del consiglio.Premessa: nessun cedimento al moralismo e al pettegolezzo, squallidi disvalori che caratterizzano larghi settori della società politica e della società civile. E, nel contempo, nessun cedimento al retropensiero integralista di una equiparazione tra il peccato e il reato.


Semplicemente, vorrei capire come questo tema ha fatto breccia nell’area catodica italiana, e non solo nei piani alti della gerarchia ecclesiastica.


Ho l’impressione che il tema della presunta coerenza tra i valori proclamati e i comportamenti praticati dagli uomini politici – tema caro già ad Alcide De Gasperi – sia drasticamente secondario nella scala delle priorità dei cittadini italiani, siano essi credenti o no.


E credo anche che il moralismo giustizialista che si è scatenato in queste settimane non ha contribuito a recuperare nella sua integrità un principio che era e forse resta decisivo anche nella società contemporanea. Semmai, si tratta di capire perché i cittadini italiani sono stati sostanzialmente tiepidi di fronte a un palese decadimento etico del tessuto democratico nel nostro paese. E soprattutto perché la deriva moralista rischia di avere il sopravvento rispetto a un corretto rapporto tra morale e politica nel giudicare la credibilità e la trasparenza degli uomini politici. Sotto questo aspetto, non possiamo non registrare che il processo di secolarizzazione nel nostro paese ha fatto passi da gigante, sia negli aspetti positivi – la piena riaffermazione del principio della laicità dello stato e delle istituzioni – sia in quelli negativi, e cioè nell’omologazione di tutte le culture e nella liceità di tutti i comportamenti.Non si tratta soltanto di una caduta etica ma anche e soprattutto di una progressiva crisi e latitanza della cultura e dei valori cristiani nella stessa area cattolica italiana. E la responsabilità non può ricadere esclusivamente sulla politica e, nello specifico, sui politici di ispirazione cristiana di entrambi gli schieramenti.


Probabilmente la responsabilità maggiore è anche e soprattutto da registrare a livello pastorale e di catechesi, e cioè di quella straordinaria agenzia di formazione e di vita che continua a essere la Chiesa italiana.


Tutti conosciamo l’incidenza culturale che il berlusconismo ha avuto nel nostro paese, attraverso il penetrante messaggio televisivo e la trasformazione della politica in un permanente e strutturale scambio mercantile. Tutti sappiamo che lo stesso scambio tra il consenso ottenuto e la difesa degli interessi è stato per troppo tempo il comportamento praticato dalla destra italiana con settori autorevoli della Chiesa italiana. Ma oggi, purtroppo, registriamo che la caduta di credibilità della politica e la sostanziale scomparsa della valenza etica della politica e dei suoi protagonisti rischia di mettere definitivamente in crisi quei valori e quei principi che da sempre caratterizzano la presenza politica dei cattolici italiani. Le responsabilità sono molteplici e trasversali.


Senza derive moralistiche tocca a coloro che credono nella laicità, nell’autonomia della politica e della sfera temporale coltivare e difendere un patrimonio culturale che resta un vero antidoto contro un decadimento che può intaccare e mettere definitivamente in ginocchio le stesse ragioni etiche della democrazia italiana.

fonte: da "l'Europa" del 2 luglio 2009