Rassegna Stampa

Il sonno della ragione

di Renzo Guolo



Lo scontro a distanza tra Frattini e La Russa non serve a ricucire il grave strappo inferto all´immagine dell´Italia. L´attacco che il ministro della Difesa ha portato all´Alto commissariato dell´Onu, sul tema dell´immigrazione e dei respingimenti, è stato intollerabile nei toni e nei contenuti. E a poco serve il suo «rammarico» del giorno dopo, e la «sconfessione» da parte del suo collega degli Esteri. Il danno è fatto. E conferma il clima di retorica xenofoba che dilaga nel Paese, e sul quale il presidente Napolitano ha lanciato un allarme inequivocabile.

Il tutto mentre in Italia gli immigrati , ormai cinque milioni, alimentano con i loro contributi la fiscalità generale e quel welfare dal quale gli agitatori di spadoni padani vorrebbero escluderli; danno con il loro lavoro un importante apporto al Pil : il 9,2% nel 2006; colmano, con la loro presenza e quella dei loro figli, i vuoti demografici lasciati dagli italiani, sempre più vecchi e meno prolifici. Realtà, piaccia o meno, destinata a crescere: nonostante il tentativo di spostare in là, con i respingimenti in mare, la frontiera.

Per una politica non miope, l´imperativo sarebbe quello di governare il fenomeno, a partire dalla necessità di elaborare un modello di integrazione culturale: prospettiva di cui non vi è traccia. L´Italia della destra egemone non ha elaborato alcun modello di integrazione: per esistere questo presuppone un discorso pubblico, largamente condiviso, che definisca regole del gioco comuni e ciò che è riconoscibile o meno in termini collettivi e individuali. Il mantra sostitutivo recitato in continuazione da pidiellini e leghisti “gli immigrati devono rispettare le nostre leggi e le nostre tradizioni” è almeno, nella seconda parte, un´affermazione che nasconde il vuoto.

Va da sé che ciascuno, cittadino o residente, deve rispettare le leggi; ma, quanto al discorso sulle tradizioni la destra si limita agli slogan. E così propone un assimilazionismo forzoso i cui contorni sono vaghi. Non solo perché l´assenza di cittadinizzazione lo rende poco appetibile agli stranieri, che dovrebbero rinunciare alle proprie identità culturali, etniche e religiose, in cambio del nulla. In Francia il modello assimilazionista si fonda sullo ius solis e su una concezione contrattuale di appartenenza alla nazione, basata sulla condivisione dei valori repubblicani; ma la rinuncia ai particolarismi identitari ha come oggetto di scambio politico proprio la cittadinanza.

Quello imposto dalla Lega rappresenta, piuttosto, un modello disciplinare fondato sull´esclusione e sullo sguardo di ordine pubblico, che accentua la distanza tra stranieri e autoctoni. Formalmente assimilazionista, il modello disciplinare in salsa verde si regge sullo ius sanguinis e, dunque, sbarra l´accesso alla cittadinanza. Ideologicamente assimilazionista, quello disciplinare funziona, di fatto, come un modello multiculturalista: ignorandole, impone o consente alle comunità di immigrati, una intoccabile separatezza.

In tal modo evita il riconoscimento, tipico del modello multiculturalista autentico, di identità particolaristiche; ma, proprio perché monco, non garantisce quella lealtà politica che, grande parte degli immigrati del Regno Unito, nonostante gli attentati del 2005, continuano a assicurare alle istituzioni britanniche. Così, nonostante e grazie al modello disciplinare, gli immigrati in Italia possono coltivare la propria separatezza etnica, religiosa, persino giuridica: come dimostra la diffusione in talune moschee italiane del diritto di famiglia su base sharaitica. Una giurisprudenza alternativa possibile proprio perché lo Stato si disinteressa formalmente di quanto avviene,culturalmente, tra gli immigrati stranieri.

Questo assimilazionismo senza assimilazione, questo multiculturalismo senza multiculturalità, rafforzato da un discorso pubblico intriso di retorica xenofoba e razzista, rischia di provocare, in un futuro non troppo lontano, seri problemi. Al confronto i fuochi delle banlieues parigine potranno sembrare solo illuminanti bagliori notturni. Dentro al magma oscurato della segregazione sociale crescono, infatti, più che stranieri, estranei. E tra estranei non si sviluppa solidarietà ma conflitto: anche radicale. La celebre incisione di Goya ricorda che il sonno della ragione produce mostri, ma nello zoo di vetro del consenso plebiscitario si continua a dormire tranquilli.


fonte: da “La Repubblica” del 18 maggio 2009