tratto da La Repubblica — 13 marzo 2009
I BARBARI E NOI LE NUOVE PAURE DELL' OCCIDENTE
Anticipiamo parte dell' introduzione al libro di Tzvetan Todorov La paura dei barbari. Oltre lo scontro delle civiltà (Garzanti, pagg. 288, euro 16,50)
Il XX secolo è stato dominato, in Europa, dal conflitto tra regimi totalitari e democrazie liberali. All' indomani della seconda guerra mondiale, dopo la disfatta del nazismo, questo conflitto ha assunto la forma di una guerra fredda globale, rafforzata in periferia da alcuni confronti «caldi» ben delimitati. (...) Si trattava di una suddivisione della terra secondo criteri politici, anche se si aggiungevano altre caratteristiche: il terzo mondo era povero, l' Occidente ricco, mentre nei paesi comunisti l' esercito era ricco e la popolazione povera (ma non poteva dirlo). La situazione è rimasta immutata per più di mezzo secolo. Mi stava molto a cuore, perché sono nato nell' Europa dell' Est, in Bulgaria, dove sono cresciuto prima di trasferirmi in Francia all' età di ventiquattro anni. Questa ripartizione dei paesi del mondo mi sembrava destinata a durare in eterno - o almeno per tutta la mia vita. Questa convinzione spiega, forse, la gioia da me provata quando, intorno al 1990, i regimi comunisti europei sono crollati, uno dopo l' altro. Non c' era più motivo di opporre l' Est all' Ovest, né di contendere per il dominio universale, perciò ogni speranza era lecita... (...) A distanza di circa vent' anni, siamo costretti a constatare che si trattava di una speranza illusoria: sembra che tensioni e violenze tra paesi non debbano scomparire dalla storia mondiale. Il grande confronto tra l' Est e l' Ovest aveva messo in secondo piano ostilità e opposizioni, che in breve tempo sono tornate di attualità. I conflitti non potevano svanire come per incanto, perché le loro cause profonde erano ancora presenti e forse si erano perfino intensificate. (...) Oggi è possibile dividere i paesi del mondo in diversi gruppi, a seconda di come reagiscono alla nuova congiuntura. (...) Per descrivere questa ripartizione, prenderò le mosse da una tipologia recentemente proposta da Dominique Moïsi, completandola e adattandola al mio scopo, senza dimenticare le semplificazioni che impone. Definirò il sentimento dominante di un primo gruppo di paesi come l ' appetit o. La loro popolazione ha spesso la convinzione, per i motivi più diversi, di essere stata esclusa dalla ripartizione delle ricchezze; oggi è venuto il suo turno. Gli abitanti vogliono approfittare della mondializzazione, del consumismo, degli svaghi e per raggiungere tale scopo non badano a mezzi. È stato il Giappone, sono ormai trascorsi alcuni decenni, ad aprire questa via, nella quale è stato seguito da molti paesi del Sudest asiatico, ai quali si sono recentemente aggiunti Cina e India. Altri paesi, altre parti del mondo hanno la medesima intenzione: il Brasile, domani senza dubbio il Messico, il Sudafrica. (...) Il secondo gruppo di paesi è quello in cui il risentimento gioca un ruolo essenziale. Questo atteggiamento deriva da un' umiliazione, reale o presunta, che sarebbe stata loro inflitta dai paesi più ricchi e più potenti. È diffuso, a livelli diversi, in buona parte dei paesi che hanno una popolazione in maggioranza musulmana, dal Marocco al Pakistan. Da un po' di tempo, è presente anche in altri paesi asiatici o dell' America latina. Il bersaglio del risentimento sono gli antichi paesi colonizzatori d' Europa e, in maniera crescente, gli Stati Uniti, considerati responsabili della miseria privata e dell' impotenza pubblica. (...) Il terzo gruppo di paesi si distingue per il ruolo che occupa in loro la paur a. Sono i paesi che costituiscono l' Occidente e che hanno dominato il mondo per molti secoli. La loro paura riguarda i due gruppi che abbiamo descritto prima, ma non è della stessa natura. Dei «paesi dell' appetito» i paesi occidentali, soprattutto quelli europei, temono la forza economica, la capacità di produrre a minor costo e dunque di fare man bassa sui mercati, insomma, hanno paura di subirne il predominio economico. Dei «paesi del risentimento» temono invece gli attacchi fisici che ne deriverebbero, gli attentati terroristici, le esplosioni di violenza; e poi le misure di ritorsione di cui questi paesi sarebbero capaci sul piano energetico, dal momento che i più grandi giacimenti di petrolio si trovano nei loro territori. Un ultimo quarto gruppo di paesi, distribuiti su diversi continenti, potrebbe essere indicato come quello dell ' indecisione: un gruppo residuale i cui membri rischiano di farsi dominare un giorno dall' appetitoo dal risentimento, ma che per il momento rimangono estranei a questi sentimenti. Nel frattempo, le risorse naturali di questi territori sono razziate dai residenti degli altri gruppi di paesi, con la complicità attiva dei loro dirigenti corrotti; a ciò si aggiunge la desolazione causata dai conflitti etnici. Alcuni strati della loro popolazione, spesso ridotti in miseria, tentano di introdursi nei «paesi della paura», paesi più ricchi, per cercare di condurre una vita migliore. (...) I paesi occidentali hanno tutto il diritto di difendersi dalle aggressioni e dagli attacchi ai valori sui quali hanno scelto di fondare i loro regimi democratici. Soprattutto devono combattere con fermezza ogni minaccia terroristica e ogni forma di violenza. Peraltro, hanno tutto l' interesse a non lasciarsi coinvolgere in una reazione sproporzionata, eccessiva e abusiva, che darebbe luogo a risultati contrari a quelli attesi. La paura diventa un pericolo per coloro che la provano, perciò non bisogna lasciarle giocare il ruolo di sentimento dominante. È anche la principale giustificazione dei comportamenti spesso definiti «disumani». La paura della morte che minaccia la mia incolumità o, peggio ancora, persone a me care, mi rende capace di uccidere, mutilare, torturare. In nome della protezione delle donne e dei bambini (i nostri), sono stati massacrati un gran numero di uomini e donne, di anziani e bambini (degli altri). Quelli che vorremmo definire come dei mostri molto spesso hanno agito mossi dalla paura per i loro cari e per sé stessi. (...) E una volta accettato di uccidere, si approvano anche i passi successivi: la tortura (per ottenere informazioni sui «terroristi»), la mutilazione dei corpi (per mascherare gli omicidi con crimini a scopo di rapina o esplosioni accidentali): ogni mezzoè buono per ottenere la vittoria - e, così facendo, allontanare la paura. La paura dei barbari è ciò che rischia di renderci barbari. E il male che ci faremo sarà maggiore di quello che temevamo di subire. La storia insegna: il rimedio può essere peggiore del male. I totalitarismi si sono presentati come un mezzo per guarire la società borghese dai suoi vizi, eppure hanno dato vita a un mondo più pericoloso di quello che combattevano. La situazione attuale senza dubbio non è così grave, ma rimane inquietante; c' è ancora tempo per mutare orientamento.
Copyright Garzanti Libri ed Editions Robert Laffont Traduzione di Emanuele Lana - TZVETAN TODOROV