Rassegna Stampa

tratto da Il Giornale, 6.01.2009

Quella piazza metafora della loro identità
di Gianni Baget Bozzo

La Piazza del Duomo di Milano occupata dai manifestanti musulmani contrari alla guerra nella Striscia di Gaza fa comprendere che anche in Italia il conflitto palestinese-israeliano è divenuto uno scontro di religione tra musulmani ed ebrei. Hamas è il centro di questa forma del conflitto e i musulmani si sono radunati in quanto tali nella piazza milanese poiché si sentono coinvolti in uno scontro che è diventato religioso. Uno scontro - potremmo dire meglio - «di civiltà», in onore a Samuel Huntington, recentemente scomparso. Sia nel giudaismo che nell'islam la dimensione esteriore non è disgiunta da quella interiore, quella individuale da quella comunitaria, come invece accade nel cristianesimo. Questo si esprime nella persona, nell'uomo interiore come prima forma della vita di fede. Ed è infine come persona che il cristiano diventa se stesso. Il cristianesimo può distinguere tra Chiesa e persona, tra Chiesa e società e tra Chiesa e Stato, e la civiltà occidentale si fonda su questo primato della libertà, che non è affermato in nessun'altra religione al mondo.

Gli Stati dei paesi musulmani hanno raggiunto con l'islam un compromesso per cui essi vengono considerati poteri legittimi di fatto purché difendano e sostengano l'islam e le sue istituzioni. Ciò conduce gli Stati delle terre musulmane a praticare un controllo politico sulle moschee affinché non si affermino al loro interno posizioni totalizzanti, che non riconoscono alcun potere politico se non quello che le istituzioni islamiche esprimono. Vi è insomma, nei paesi musulmani, una certa distinzione tra istituzioni islamiche e istituzioni politiche, che potremmo riconoscere nella forma di uno Stato politico vivente in una società islamica. Riconoscere il carattere islamico di una società è la condizione necessaria affinché gli Stati musulmani siano legittimati come Stati.

Lo Stato è una categoria cristiano-occidentale, entrata di fatto nella cultura islamica con i regimi coloniali. Ma le masse islamiche immigrate in Europa non hanno altra identità oltre all'islam stesso. Gli Stati occidentali non possono controllare i predicatori delle moschee come fanno gli Stati dei paesi musulmani; non possono essere quindi considerati poteri legittimi di fatto, perché non sono fondati su una società islamizzata. Per questo i musulmani dei paesi occidentali possono agire in quanto musulmani, portando tra i nostri popoli una diversità che riguarda il rapporto tra religione e vita sociale, offrendo a una società priva di identità culturale la forza del proprio stare assieme come comunità. La nostra società non offre più alcun modello di comunità, non lo offre soprattutto sul piano in cui gli islamici sono più sicuri e forti: i rapporti tra uomo e donna e tra genitori e figli. Il fascino che l'islam può esercitare sulla società europea non va nel senso di una europeizzazione dell'islam, ma nel senso di una islamizzazione dell'Europa.

La piazza è il luogo della politica italiana, il luogo in cui le minoranze si impongono sulle maggioranze. Gli islamici radunati in Piazza del Duomo sono un simbolo del fatto che essi possono avere identità solo attraverso la loro religione e diventare con essa politicamente attivi.

La Chiesa cattolica ha deciso di accettare la presenza islamica in Europa come fatto normale. Può anzi pensare che essa sia una provocazione religiosa per i cristiani. Ciò spiega il favore con cui la Chiesa milanese ha «benedetto» la nascita delle moschee, pensando che il fatto religioso renda la comunità islamica più integrata nella società europea. Questa non è una possibilità reale. L'identità è sempre coscienza della differenza. E la forza degli immigrati islamici in Europa è data dalla loro identità.