Rassegna Stampa

tratto da Famiglia Cristina, del 19.10.2008

POVERA ITALIA
di Alberto Bobbio

Oltre il venti per cento della popolazione vive sotto i limiti dell'indigenza. Una percentuale che non diminuisce da dieci anni. Ma nessun politico se n'è mai preoccupato.



Cala come un macigno sul tavolo della politica a tutti i livelli, dal Governo nazionale alle Regioni ai Comuni. Il Rapporto sulla povertà in Italia della Caritas italiana mette in fila 260 pagine che denunciano «l’assenza di una volontà politica efficace nel ridistribuire le risorse disponibili» e di «un piano di lotta alla povertà».

Il dossier, realizzato insieme alla Fondazione Zancan e pubblicato dal Mulino, segnala l’inerzia delle istituzioni pubbliche nell’affrontare «problemi che si presentano difficili e complicati», incoraggiata «dalla nebulosità e dal pressappochismo» con i quali si attribuiscono «responsabilità ai vari soggetti».

Osserva don Vittorio Nozza, direttore della Caritas italiana: «Da anni assistiamo alla progressiva crescita della disuguaglianza nel nostro Paese. Ma nessuno fa nulla, se non una indiscriminata distribuzione di aiuti e sostegni ai redditi, che non risolve i problemi e finisce, anzi, con il peggiorare i conti pubblici».

Insomma, si assistono i poveri, ma manca qualsiasi idea su come uscire dalla povertà, che diventa un fattore strutturale. Il Rapporto spiega che l’Italia da dieci anni mantiene costante la percentuale di popolazione a rischio di povertà. Era il 20 per cento nel 1995 ed è rimasta il 20 per cento nel 2006, e adesso tutti temono un’impennata. In Europa solo la Grecia fa peggio di noi. Sotto la soglia della povertà, cioè 970 euro al mese, vive il 5,2 per cento delle famiglie del Nord, ma quasi il 23 per cento delle famiglie del Mezzogiorno. Poi ci sono quelli che vivono con meno di 600 euro. Eppure, ciò «non è percepito come problema dalle forze politiche e neppure dalla maggioranza della società civile». Dice don Nozza: «I programmi politici non prendono in considerazione la lotta alla povertà, che viene ritenuta una sorta di dimensione fisiologica del normale sviluppo economico di un Paese ricco».

Quasi il 55 per cento degli italiani ha un reddito di appena 15 mila euro l’anno, mentre il 10 per cento più ricco della popolazione possiede il 45 per cento della ricchezza italiana. Un dato in crescita negli ultimi due anni, che allarga la sostanziale disuguaglianza tra cittadini.

Intanto le famiglie indebitate sono passate, sempre negli ultimi due anni, dal 24 al 26 per cento. La Caritas critica l’equivalenza "equivoca" tra povertà e impoverimento e rileva che non basta sostenere i consumi per uscire dall’indigenza. Sottolinea don Nozza: «Non sono povere le famiglie proprietarie di casa o di un’azienda familiare che per via della congiuntura sfavorevole sono costrette a ridurre le ferie o a rinunciare a un vestito nuovo o all’acquisto di una barca. Al massimo si possono qualificare come impoverite, cioè oggi dispongono di risorse economiche ridotte rispetto al passato». Eppure è di esse che le forze politiche, «con una massiccia mobilitazione in fase preelettorale», si sono occupate moltiplicando le promesse e le proposte. Il Rapporto non nega la bontà di queste iniziative, ma esse hanno dimenticato i «poveri più poveri», cioè il 20 per cento delle famiglie italiane, i cosiddetti «deboli consumatori», quelli che in ogni caso non sarebbero in grado di far ripartire la macchina della produzione.

I problemi di chi non ha la casa

La Caritas boccia i Governi Berlusconi e Prodi. Spiega che l’aumento delle pensioni basse decise dal Professore e la riduzione dell’Ici voluta dal Cavaliere hanno inciso «marginalmente sulle categorie sociali più disagiate». Ma la critica più puntuale è riservata all’abolizione dell’Ici e alla detassazione del lavoro straordinario: «Cosa buona, ma per il 20 per cento delle famiglie che non hanno casa e pagano l’affitto non si sono registrate novità, così come le persone che non lavorano o hanno un lavoro precario sono state ignorate». Mentre il prezzo della pasta è cresciuto del 17 per cento e quello del pane del 13 per cento. Così, rivela la Caritas, la presenza di cittadini nelle mense popolari ha avuto «un incremento senza precedenti». Il Rapporto rivela che sono quasi 45 mila le famiglie che hanno avuto lo sfratto per morosità «segno evidente che non ce la fanno a reggere il peso dell’affitto». Dunque cosa fare?

Il Rapporto osserva che ci sarebbe una risorsa potenziale: la lotta all’evasione fiscale, stimata nell’ordine di 270 miliardi all’anno, il 19 per cento del Pil. Ma bisogna cambiare la logica e passare dai trasferimenti monetari, cioè dall’elargizione di soldi ai bisognosi, una sorta di indennizzo per servizi non resi dalle istituzioni centrali e locali, alla fornitura di servizi che «riducono la disuguaglianza dei redditi in misura maggiore rispetto ai soli trasferimenti monetari».