Rassegna Stampa

tratto da L'arena, del 29.09.2008

Preceduta da polemiche, la Carovana della pace ha fatto tappa al Tempio votivo

«Verona, liberati dai tuoi pregiudizi»

Padre Cavallini: «Dovunque abbiamo trovato un sindaco che ci accoglieva, solo qui ci sono stati tanti problemi»

Eccola la tanto temuta Carovana missionaria della pace. In mattinata, a marciare con le bandiere arcobaleno dal Cum di San Massimo al Palasport, per lanciare il loro messaggio ai cinquemila adolescenti riuniti per il Meeting annuale promosso dalla Diocesi, erano circa in trecento. Nel pomeriggio, gran parte dei «carovanieri», ragazzi e ragazze, adulti, suore e religiosi dei vari istituti missionari, guidati dal direttore del Centro missionario diocesano, don Giuseppe Pizzoli, hanno raggiunto il piazzale della stazione.
Sul sagrato del Tempio Votivo, risuona l’inno «libera la parola, libera la pace» e un gruppo di partecipanti forma la scritta «Nella mia città nessuno è straniero» con grandi lettere di cartone ricoperte da stoffe multicolori. L’atmosfera è di allegria e serenità, ricorda più l’aria da campo scuola parrocchiale che da manifestazione politica. Niente di più lontanto da quel quadro di «estremismo politico terzomondista» dipinto il giorno prima dal sindaco Flavio Tosi. La vigilia della manifestazione era stata infatti contraddistinta da roventi polemiche dopo che la Giunta aveva proibito di esporre davanti alla Gran Guardia la bandiera della pace. Condizione che gli organizzatori avevano respinto come «inaccettabile» rinunciando al palazzo e alla Bra per ripiegare su spazi meno problematici. Tanti portano al collo una sciarpa con i colori dell’arcobaleno, qualche ragazza si annoda ai fianchi, a mo’ di gonna, la bandiera della pace. Della fatidica bandierona da 30 metri che a Palazzo Barbieri temevano fosse issata sulla Gran Guardia, non c’è traccia. A tutto volume, intanto, risuona la canzone «siamo tutti cittadini, uomini di pari dignità». In un angolo, Carlo Melegari, fondatore del Centro studi per l’immigrazione annuisce. Sul palco, il comboniano padre Giuseppe Cavallini alza la voce: «Ad accogliere la "carovana", nelle varie città che abbiamo attraversato abbiamo sempre trovato un sindaco o un suo rappresentante. Ma qui a Verona siamo stati male interpretati, a dimostrazione che chi nutre pregiudizi dentro di sé non se ne libera facilmente». E aggiunge: «La Carovana cammina da otto anni, ma è la prima volta che incontriamo tante difficoltà».
Don Pizzoli preferisce evidenziare «l’accoglienza, la cordialità e la simpatia incontrate lungo il cammino». E ricorda con emozione l’arrivo al Palasport: «La parola pace gridata da migliaia di adolescenti al nostro arrivo ci ha fatto venire i brividi». Qualche rammarico per le polemiche? «Sì, perché hanno in parte insabbiato il messaggio... e non sappiamo chi ringraziare per questo cattivo servizio». Dal palco poi il direttore del Cmd aggiunge: «Siamo rimasti in periferia, ma da questo luogo di arrivi e partenze confidiamo che il messaggio di pace risuoni in tutte le direzioni».
Jean-Pierre Piessou, mediatore culturale, immigrato dal Togo sorride: «È un bellissimo incontro di colori, volti e gesti che qui a Verona si uniscono ad altre realtà diventate ormai una tradizione, come la festa dei popoli, il cinema africano, il torneo di calcio fra le nazioni e che dimostrano che questa città è plurale e coinvolgente».
Per Piessou «è un processo irreversibile che nessuno può fermare e la mia storia», esclama, «ne è un esempio: venti giorni fa è venuto al mondo mio figlio Simon Ayebi, di papà africano e mamma italiana. Non serve, quindi, fare come gli struzzi. Troviamo spazi per comunicare perché il muro contro muro è una sconfitta».
In piazza arriva anche il vicequestore Giampaolo Trevisi, autore del libro "Fogli di Via" che dopodomani interverrà al teatro Stimmate insieme a don Luigi Ciotti. «La partecipazione del fondatore del Gruppo Abele», commenta, «certifica l’assoluta bontà di questa iniziativa».

Enrico Santi