Rassegna Stampa

tratto da LA STAMPA del 07.06.08

Dov'è la vera laicità
GIAN ENRICO RUSCONI

Non poteva Berlusconi risparmiarsi la frase che suona infelice in bocca ad uno statista: «Il mio governo non può che compiacere il pontefice e la Chiesa»? No. Non poteva.

È il suo modo di essere schietto e popolare presso i suoi elettori. In questo caso non vuole lasciare dubbi sul fatto che il governo si atterrà zelantemente alle indicazioni della Chiesa in tutte le questioni sul tappeto, anche su quelle che dividono profondamente i cittadini italiani.

Ma evidentemente per Berlusconi i cittadini che dissentono (con rispetto) dalle indicazioni della Chiesa su alcuni importanti problemi, non contano. Non sono rappresentati dal suo governo. Il suo è un governo che «sta dalla parte della Chiesa», non laicamente dalla parte della intera comunità dei cittadini. Come se i valori della giustizia, della tolleranza, dell’attenzione per i più deboli fossero prerogativa dei credenti. Come se i discorsi sui diritti umani o sul rispetto della vita fossero monopolio esclusivo degli uomini di Chiesa.

È questa la scelta della «vera laicità», predicata da tempo dai clericali e fatta propria dal centrodestra?

In effetti nelle parole del presidente del Consiglio la separazione tra Chiesa e Stato è evocata in modo paradossale, quando dice «lo Stato laico ha tutto il diritto di seguire la propria impostazione nell’azione di governo». La scelta appunto di stare con una parte dei cittadini, di quelli che l’hanno votato.

Tutto questo non ha nulla a che vedere con la soddisfazione condivisa da tutti circa il «nuovo clima che si è instaurato in Italia», purché si riconosca che non è merito esclusivo della coalizione di centro-destra.

Ma lasciamo da parte le dichiarazioni di principio e chiediamoci se ci saranno delle conseguenze pratiche della visita di Berlusconi in Vaticano. Dalla riservatezza delle dichiarazioni ufficiali, emesse dopo la visita, non è dato capire se ci saranno iniziative particolari. Forse lo può dire soltanto chi sa leggere tra le righe del documento e sa interpretare i sussurri dei sacri palazzi.

Verosimilmente gli uomini di Chiesa non hanno alcun interesse a turbare l’idillio con il governo sollevando con clamore, frontalmente, le due questioni che più stanno loro a cuore: il finanziamento della (loro) scuola privata e la modifica della legge 194. Sui punti caldi della passata legislatura - coppie di fatto, normative sulla fecondazione assistita o sulle malattie terminali - possono stare tranquilli: non se ne farà nulla. Circa le perplessità sulla questione del finanziamento delle strutture ecclesiastiche tramite l’otto per mille continuerà l’efficace congiura del silenzio stampa e mediatico.

Per il resto adotteranno una strategia di pressione indiretta. Magari attraverso l’uso spregiudicato delle regioni (si veda l’atteggiamento anticipatore del governatore della Lombardia, Formigoni). E soprattutto terranno sotto tiro le velleità laiche del Partito democratico.

Il partito veltroniano rimane sostanzialmente sprovveduto e impreparato ad affrontare la nuova situazione. Si lascia ricattare dalle ridicole accuse di «laicismo». Si lascia intimidire dalla proclamazione della «non negoziabilità dei valori». Non osa spostare i termini della laicità dai problemi del credere/non credere alla questione centrale della democrazia che riguarda la piena legittimità di tutte le visioni morali della vita, razionalmente e pubblicamente argomentabili.

Si tratta ovviamente di problemi impegnativi e difficili, che sono affrontabili soltanto con un soprassalto culturale e politico che in questo momento non si vede da nessuna parte. Tanto meno in una cultura di centro-destra che nasconde la sua povertà e le sue contraddizioni dietro lo zelo verso la dottrina della Chiesa. È il tempo del «compiacere» berlusconiano.