Pensando

tratto da www.cercasiunfine.it, aprile 2008

La vittoria di Berlusconi, con o senza forse
di Rocco D’Ambrosio[1]

Forse la vittoria di Berlusconi è un evento più complesso di quello che può immediatamente
sembrare; molto più di un semplice cambio di potere in una sana democrazia dell’alternanza.

Forse il fenomeno Berlusconi affonda le radici in un passato non solo prossimo, ma anche
remoto. Mi riferisco alla crisi italiana che si manifesta, dagli anni ottanta in poi, quando DC e
PSI, insieme agli alleati minori del pentapartito, non sono stati capaci di introdurre coraggiose
riforme istituzionali e morali, decretando così la propria morte, che avverrà poi con le inchieste
di Tangentopoli. Berlusconi sembra più essere erede della peggiore DC e PSI, che di una nuova
Repubblica, che non è ancora nata[2].

Forse Berlusconi piace più di quello che si riesce a capire. Forse rappresenta non tanto un
modello politico, quanto umano e culturale. In altri termini il belusconismo è più pericoloso
della vittoria elettorale di Berlusconi. Intendo per berlusconismo un misto, molto discutibile, di
diverse idee antropologiche ed etiche: un utilitarismo becero, la sete sfrenata di potere e
denaro, il servirsi delle istituzioni più che il servirle, il piegare le leggi a proprio favore, il
vantarsi di non pagare le tasse, lo stile volgare e arrogante, l’offendere gli avversari,
l’ambiguità di giudizio su fenomeni come mafie, servizi segreti e massoneria deviati, il ritenere
nemici tutti coloro che non condividono il proprio pensiero ed operato, l’utilizzo strumentale
della religione, il mancato rispetto della laicità dello Stato, il non mantenere fede agli impegni
presi, l’ottenere il consenso con ogni mezzo lecito e illecito, la forte tendenza
all’autoreferenzialità e al ritenersi al di sopra di tutto e di tutti.

Forse stiamo per entrare in una fase di dittatura morbida, cioè di un’apparente e formale
democrazia, ma di una sostanziale dittatura, specie in termini di libertà di espressione, di
controllo dei mass media, di gestione delle risorse pubbliche, di amministrazione della
giustizia, di libertà dei sistemi di controllo, di ruolo del parlamento.

Forse la vittoria di Berlusconi, unita al successo della Lega, ci porterà a leggi e provvedimenti
di natura razzista e xenofoba (anche se mascherati in diversi modi); al tradimento dello spirito
di solidarietà economica, sociale e politica, sui cui si fonda la nostra Costituzione.

Forse il fenomeno Berlusconi è stato sottovalutato da sempre. Si pensi a tutti gli errori fatti
dalle forze di centrosinistra nel non proporre una legge sul conflitto di interessi, nel non
potenziare l’opposizione alla vigente legge elettorale, nella debolezza politica dimostrata nel
momento in cui essi la potevano riformare, nell’aver, alcune volte, scimmiottato il
berlusconismo in metodi e sostanza, nel non aver rinnovato la propria classe dirigente, al
momento opportuno, con persone competenti e integre moralmente, nel non aver avviato
percorsi di formazione politica per i propri dirigenti e per tutti i cittadini. Forse anche lo stesso
leghismo è stato sottovalutato.

Forse il sottovalutare il berlusconismo e il leghismo ha favorito il loro intreccio e connubio, in
cui è difficile distinguere quanto uno imiti l’altro, quanto uno si serva dell’altro e quanto ne
abbia bisogno.

Forse diversi pastori e laici cattolici sono stati troppo tolleranti nei confronti del berlusconismo
e del leghismo e, in alcuni casi, li hanno appoggiati apertamente, accettando una prassi e un
pensiero che hanno poco a che fare con lo spirito evangelico. Forse Berlusconi incarna quel tipo
di cattolico borghese che si accontenta di un richiamo a certi principi della dottrina cattolica
(famiglia, salvaguardia della vita, bioetica) e dimentica e tradisce tanti altri (bene comune,
solidarietà, accoglienza e promozione degli ultimi, giustizia e legalità, promozione della pace e
della salvaguardia dell’ambiente naturale). Forse l’appoggio alla destra berlusconiana è
funzionale a garantire la continuità di alcuni privilegi economici e fiscali verso la comunità
cattolica.

Forse ci attendono tempi davvero difficili e dovremmo riprendere la lezione dei padri costituenti
che resistettero al fascismo con un costante esercizio di ragione, diritto e moralità. Forse la
lettera di Sturzo del 1926 è più che mai attuale. «Oggi, adunque - scriveva Sturzo ai suoi amici
- è l'inverno politico del Ppi, ma "sotto la neve il pane" dice il proverbio. Nessuno sciupio di
forze, nessuna mossa discutibile, nessun gesto inutile: il raccoglimento, lo studio, la preparazione.

Essere anzitutto, se stessi, cioè, rigidi assertori di libertà, aperti negatori del
regime fascista, vigili scolte di moralità pubblica, ranghi disciplinati di uomini di carattere e
fede. Il pensiero, la meditazione, lo studio, la prova del dolore e del sacrificio, l'esempio del
carattere, la forza della convinzione valgono assai più di cento conferenze e di mille articoli di
giornale, costretti alla mutilazione o dosati con 99 di lode al governo per potere contenere
quell'uno di biasimo che perde ogni valore, l'esempio di giorni aspri del primo risorgimento,
deve farci convinti, che nessuna forza armata o poteri di principi o di dittatori valgono a
contenere la diffusione di idee e ad impedire che si affermino in istituti politici, quando esse
sono mature. E non occorrono i molti a questo fine»[3].

Forse è così, in tutto ciò che ho detto e in altro ancora. O tutto senza forse?


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[1]Docente di filosofia politica presso la Facoltà Teologica Pugliese e la Pontificia Università Gregoriana di Roma;

[2]Per una trattazione più approfondita rimando a due miei testi: Il grembiule e lo scettro. Appunti su Chiesa e politica, la meridiana,
Molfetta 2005; Il potere e chi lo detiene, EDB, Bologna 2008.

[3]Ora in G. DE ROSA, Il partito popolare italiano, Laterza, Bari 1990, p. 264.