CRISTIANI E MUSULMANI
UNA PAROLA COMUNE: Amore per Dio e per il prossimo

Lunedì 25 febbraio ore 20.45 – teatro Stimate

INCONTRO CON PADRE PAOLO DALL'OGLIO
priore del monastero di Deir Mar Musa in Siria
E CON MOHAMED GUERFI
portavoce del Consiglio Islamico di Verona

L’incontro si inserisce in un cammino di conoscenza e di confronto fra giovani cristiani e musulmani che vivono e lavorano a Verona. È questo il secondo appuntamento pubblico, dopo la coinvolgente esperienza del 27 febbraio 2007 sul tema “Le due facce della minoranza”.
I due relatori proporranno le loro riflessioni sul tema dell’amore per Dio e per il prossimo come “parola comune”: la scelta dell’argomento nasce dalla lettura condivisa di alcuni passi della Bibbia e del Corano riguardanti i grandi profeti comuni.
Il gruppo promotore si è preparato alla serata con dei laboratori di approfondimento ed analisi della lettera “Una parola comune tra noi e voi”, redatta da alcune Guide Religiose Musulmane e rivolta al mondo cristiano.
I due interventi potranno aiutare a leggere la nostra esperienza quotidiana con le persone, nella scuola, sul luogo di lavoro, nella preghiera, alla luce di ciò che ci indicano i testi sacri.

L'incontro è aperto a tutti.


Per arrivare: il Teatro Stimate si trova a Verona, all’angolo tra piazza Cittadella e via Carlo Montanari
Per informazioni : le2facce@hotmail.com

In collaborazione con
la Comunità Stimmatini di Sezano
e con il Consiglio Islamico di Verona


APPROFONDIMENTO:

1. Il testo della Lettera Una parola comune si può scaricare da internet

http://www.acommonword.com/lib/downloads/CW-Total-Final-Italian.pdf

per altra documentazione vedi in generale
http://www.acommonword.com/

2. Regno/Doc 19/2007 pag. 588

Introduzione a
Lettera aperta e appello di
138 guide religiose musulmane

«È un segnale positivo verso i cristiani» che «va raccolto» e valorizzato mediante una risposta ufficiale, — ha detto il card. Tauran, presidente del Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso. Il riferimento è alla Lettera aperta e appello che, resa nota l’11 ottobre 2007ma datata 13 (fine del Ramadan) e sottoscritta da un gruppo iniziale di 138 studiosi e leader musulmani di varia estrazione, dichiara: «Mentre islam e cristianesimo sono ovviamente religioni differenti.. – è chiaro che i due comandamenti più grandi (l’amore per Dio e per il prossimo] sono un terreno comune e un collegamento fra il Corano, la Torah e il Nuovo Testamento». Essa nasce nel «primo anniversario della Lettera aperta di 38 studiosi musulmani» scritta al papa all’indomani di Regensburg 12.9.2006; Regno-doc. 17,2006,540), cui però non seguì una risposta. La rappresentatività delle firme — comprese quel1e legate all’islam più intransigente — l’uso di fonti bibliche e non solo coraniche nei riferimenti relativi a Gesù; un lessico simpatetico con la spiritualità cristiana sono i principali pregi del testo, nato all’interno del Regio istituto Aal al-Bayt per il pensiero islamico di Amman (Giordania).

Stampa (IL 10.2007) da sito Internet www.acommonword. com;
traduzione ufficiale italiana a cura della Comunità religiosa islamica italiana (GoReIs)».


3. Lettera AI CRISTIANI - da 138 sapienti islamici
Regno-Attualità 20/2007 pag. 680

DIALOGO SULL’AMORE

Si apre una nuova stagione di dialogo fra cristianesimo e islam? Dopo la prima simpatetica conoscenza (Assisi) vi è spazio per una riflessione più dottrinale, filosofica e teologica, consapevole delle reciproche differenze? Questa sembra l’intenzione che sorregge i 138 sapienti e guide islamiche, firmatari della lettera aperta a Benedetto XVI e ai responsabili delle confessioni e Chiese cristiane (cf. Regno-doc. 19,2007,588).

Delegittimando il terrorismo

Il percorso di questo gruppo di consenso all’interno dell’islam (alle firme iniziali altre si stanno aggiungendo, portando a 44 le nazioni rappresentate; le diverse appartenenze sono: sunniti. sciiti.
ismailiti, ibaditi, jaafari, sufi) mostra l’attesa di rivestire un ruolo-ponte nella comunità islamica e nei rapporti con l’Occidente. Tale percorso si è infatti avviato nel 2004, a seguito dell’attentato ai
treni di Madrid, attorno alla casa reale di Giordania, alla fondazione dell’istituto Aal al-Bayt per il pensiero islamico e al principe Hassan. Per reagire alla soffocante identificazione tra musulmano
e terrorista, 500 personalità del mondo islamico firmarono Il messaggio di Amman (9.11.2004), in cui si reagiva alle semplificazioni dei fondamentalisti riconoscendo l’identità islamica in molte tra-
dizioni, restringendo la denuncia di apostasia e le istanze legittimate a produrre le fatwe (il responso di un muftì nell’interpretare una questione dottrinale secondo le leggi dell’islam).
Il rifiuto della violenza e del settarismo venne confermato nella lettera aperta a Benedetto XVI dopo il discorso di Regensburg nel 2006. La firmarono 38 saggi per puntualizzare le affermazioni del pontefice e per confermare l’apertura dell’islam alla ragione; la comprensione della «guerra santa<’ come ‘<‘è un segnale che ribadisce il rifiuto della violenza, la necessità per il mondo islamico di non seguire l’emotività, di dare un approccio ragionevole alla dottrina della fede e di dare qualità al sentimento nella visione sacra dell’esistenza e della vita«. Rispetto ai cristiani la domande è: «Volete che ci incontriamo, nonostante le nostre differenze, su una riflessione spirituale sull’amore e sulla fede?». L’incontro è auspicabile senza tuttavia ignorare le sfide fra islam e modernità, islam e stato laico, in particolare in Occidente (cf. lo studio di Bòckenfòrde in Regno-att. 18,2007,637ss).
Lorenzo Prezzi

4. Risposta della Santa Sede
LETTERA DEL CARDINALE TARCISIO BERTONE A NOME DEL SANTO PADRE A SUA ALTEZZA REALE IL PRINCIPE GHAZI BIN MUHAMMAD BIN TALAL PRESIDENTE DELL'AAL AL-BAYT INSTITUTE FOR ISLAMIC THOUGHT http://www.vatican.va/roman_curia/secretariat_state/card-bertone/2007/documents/rc_seg-st_20071119_muslim-leaders_it.html

Altezza Reale,
il 13 ottobre 2007 una lettera aperta rivolta a Sua Santità Papa Benedetto XVI e ad altri responsabili cristiani è stata firmata da centotrentotto capi religiosi musulmani, tra i quali Lei, Altezza. Lei, a sua volta, è stato così cortese da presentarla al Vescovo Salim Sayegh, Vicario del Patriarca latino di Gerusalemme in Giordania, con la richiesta che venisse inoltrata a Sua Santità. Il Papa mi ha chiesto di trasmettere la sua gratitudine a Lei Altezza e a tutti coloro che hanno firmato la lettera. Desidera inoltre esprimere profondo apprezzamento per questo gesto, per lo spirito positivo che ha ispirato il testo e per l'esortazione a un impegno comune per la promozione della pace nel mondo. Senza ignorare o minimizzare le nostre differenze di cristiani e musulmani, possiamo e quindi dobbiamo prestare attenzione a ciò che ci unisce, ed esattamente la fede nell'unico Dio, il creatore provvidente e il giudice universale che alla fine dei tempi considererà ogni persona secondo le sue azioni. Siamo tutti chiamati ad impegnarci totalmente con lui e ad obbedire alla sua sacra volontà. Memore del contenuto dell'Enciclica Deus Caritas Est ("Dio è amore") Sua Santità è rimasto particolarmente colpito dall'attenzione prestata nella lettera al duplice comandamento dell'amore verso Dio e verso gli uomini. Come sa, all'inizio del suo Pontificato, Papa Benedetto XVI ha affermato: "Sono profondamente convinto che dobbiamo affermare, senza cedimenti alle pressioni negative dell'ambiente, i valori del rispetto reciproco, della solidarietà e della pace. La vita di ogni essere umano è sacra sia per i cristiani sia per i musulmani. Abbiamo un grande spazio di azione in cui sentirci uniti al servizio dei fondamentali valori morali" (Discorso ai rappresentanti di alcune comunità musulmane a Colonia, 20 agosto 2005). Questo terreno comune ci permette di fondare il dialogo su un effettivo rispetto della dignità di ogni persona umana, sulla conoscenza obiettiva della religione dell'altro, sulla condivisione dell'esperienza religiosa e, infine, sull'impegno comune alla promozione del rispetto e dell'accettazione reciproci tra i giovani. Il Papa confida nel fatto che, una volta raggiunto questo obiettivo, sarà possibile cooperare in modo produttivo in seno alla cultura e alla società e per la promozione della giustizia e della pace nella società e in tutto il mondo. Incoraggiando la sua lodevole iniziativa, sono lieto di comunicare che Sua Santità desidera ardentemente ricevere Lei, Altezza, e un ristretto gruppo che Lei vorrà scegliere tra i firmatari della Lettera aperta. Al contempo, un incontro di lavoro potrebbe essere organizzato dalla vostra delegazione insieme con il Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso, con la cooperazione di alcuni Pontifici Istituti specializzati, come il Pontificio Istituto di Studi Arabi Islamici e la Pontificia Università Gregoriana. I dettagli di questi incontri potranno essere decisi in seguito se questa proposta si dimostrerà per Lei accettabile in linea di massima. Colgo l'occasione per rinnovarLe, Altezza, l'assicurazione della mia più elevata considerazione.
Dal Vaticano, 19 novembre 2007
Cardinale TARCISIO BERTONE Segretario di Stato

5. Risposta di 300 teologi e uomini di chiesa (soprattutto evangelici)
Vedi http://www.acommonword.com/lib/downloads/fullpageadbold18.pdf (in inglese)

6. Commento di Regno-attualità 22/2007
Santa Sede - 138 sapienti islamici
La risposta e le sfide

Firmata il19, è stata pubblicata il 30 novembre la risposta del papa alla lettera aperta dei 138 sapienti islamici (cf. Regno-doc. 19,2007,588ss; Regno-att. 20, 2007,680). E stata indirizzata alla corte del re di Giordania: al principe Ghazi bin Muhammad bin Talal, presidente dell’istituto Àal al-Bayt per il pensiero islamico, che aveva organizzato sia il Messaggio di Amman (9.11.2004) sia la Lettera aperta di 38 musulmani in risposta al discorso di Benedetto Xvi a Regensburg nel 2006 sia la più recente lettera Una parola comune tra noi e voi. Si attendeva un testo firmato dal Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso, invece è stato coinvolto direttamente il segretario di stato, card. Tarcisio Bertone. Il «profondo apprezzamento del gesto» compiuto dai saggi islamici non significa «ignorare o minimizzare le nostre differenze», ma «prestare attenzione a ciò che ci unisce, ed esattamente la fede nell’unico Dio, il creatore provvidente e il giudice universale che alla fine dei tempi considererà ogni persona secondo le sue azioni>’. Il rispetto reciproco, la solidarietà, la pace, la difesa della vita aprono spazi di azione e un terreno comune. Ciò permette di «fondare il dialogo su un effettivo rispetto della dignità di ogni persona umana, sulla conoscenza obiettiva della religione dell’altro, sulla condivisione dell’esperienza religiosa
e, infine, sull’impegno comune alla promozione del rispetto e dell’accettazione reciproci tra i giovani». Con una ricaduta importante «nell’ambito della cultura e della società». Più che il dialogo teologico — ha fatto notare il card. J.-L. Tauran, presidente del Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso — il terreno di prova e collaborazione sarà la cultura, la carità e la spiritualità. Più difficile pensare a un’intesa sulla libertà religiosa, sulla reciprocità dei comportamenti e delle garanzie pubbliche, sulla condanna senza incertezze del terrorismo fondamentalista.
La risposta del papa, la più attesa dagli interessati (non si ha per ora notizia di risposte ufficiali dai responsabili cristiani anglicani, protestanti e ortodossi) è stata particolarmente gradita, confermando il ruolo d’interlocutore del «gruppo di consenso» che si è formato per la prima volta nel mondo islamico negli ultimi secoli e la sua funzione innovativa all’interno dell’umma (la comunità islamica mondiale). L’essere divenuto un punto di riferimento per il cristianesimo ha significato un immediato aumento d’interesse per il gruppo anche da parte dell’opinione pubblica dei paesi musulmani. Incapace di cogliere l’originalità della Lettera aperta dei 138, essa è stata tuttavia segnata dalla sorpresa e dalla consapevolezza dell’insufficienza sia della violenza fondamentalista sia della pura ripetizione delle scuole giuridiche di molte scuole coraniche.

Le sfide interne
Il fenomeno di »entrismo» scattato nel momento in cui la lettera aperta era arrivata alla sua formulazione si è riprodotto nella candidatura all’udienza che il papa ha promesso a un »ristretto gruppo» di firmatari. Mentre è ancora in alto mare l’organizzazione dell’incontro di lavoro che la risposta del papa ha suggerito, impegnando il Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso e alcuni istituti specializzati (come per esempio il Pontificio istituto di studi arabi e islamici e la Pontificia università gregoriana). Da parte dei sapienti islamici si sta approntando una proposta per organizzare un lavoro di cui non si sanno per ora né gli argomenti né la prospettiva temporale.
La positiva risposta cattolica era prevedibile, anche se prudente. Essa si colloca fra un apprezzamento convinto, come quello espresso dai professori dell’Istituto di studi arabi e islamici (PISAI), e le osservazioni più critiche di altri, come il gesuita Christian W. Troll. In uno scritto pubblicato il 25 ottobre i responsabili del PISAI hanno sottolineato la «larghezza di orizzonti» della lettera dei 138, l’oculata scelta d’individuare nel «duplice comandamento dell’amore di Dio e del prossimo» il punto d’incontro delle due religioni e lo «sguardo nuovo e creativo»> posto sul testo coranico rispetto a interpretazioni ristrette e più corrive. P. Christian TrolI, in uno scritto su La Civiltà cattolica del 1 dicembre, pur affermando un apprezzamento convinto, ha notato l’assenza fra i firmatari di »moltissimi rappresentanti di alcune correnti islamiche»», la trascuratezza della »comunità dei credenti ebrei»», il mancato superamento del giudizio di «corruzione» della Bibbia, il silenzio non argomentato circa le «sure» più aggressive.
Decisamente ottimista il testo firmato da 300 teologi e uomini di Chiesa dell’America del Nord, coordinato dalla Divinity School della Yale University, apparso sul New York Times il 18 novembre. Pur con qualche firma cattolica (il vescovo C. Ballin e alcuni teologi) l’insieme rappresenta l’area protestante e anglicana (H. W. Attridge, H. Cox, E. Gulick ecc.). L’ammissione delle proprie responsabilità (»vogliamo cominciare a riconoscere che nel passato — vedi le crociate — e nel presente — vedi gli eccessi della “guerra al terrore” — molti cristiani sono stati colpevoli di peccato contro il nostro prossimo musulmano»») diventa riconoscimento che »»relazioni pacifiche fra musulmani e cristiani rappresentano una delle sfide centrali di questo secolo e forse di tutta l’epoca attuale»». Fermarsi sull’amore di Dio e del prossimo vuol dire andare al centro non solo dell’una o dell’altra religione, ma di ambedue. Dal duplice comandamento dell’amore dipende anche il riconoscimento della centralità delta libertà religiosa. »Il futuro del mondo dipende dalla nostra capacità di cristiani e musulmani di vivere assieme in pace».
La rilevanza ottenuta dalla Lettera aperta e appello di 138 sapienti islamici rilancia due sfide interne del gruppo di consenso, così sintetizzate da uno dei firmatari: » ll miracolo del coordinamento di scuole e correnti spirituali islamiche» e un »rinnovamento dell’approccio ai testi sacri rispetto alla scuole tradizionali, grandi, ma ormai sterili e incapaci d’innestare un autentico rinnovamento spirituale».