Natale 2007

E’ APPARSO UN AMORE
CHE CI INSEGNA A VIVERE
(Tito,2,1 1)

Ritorna il tempo natalizio: operazione di puro ricordo di un tempo che fu? Corsa sfrenata di una folla alla caccia del solito regalo? Cucine prese d’assedio per la preparazione del pranzo? Ricerca dell’ultimo abito di moda da sfoggiare dopo la Messa di mezzanotte?
Oppure — e questa è una domanda che oltrepassa un "abisso" per farci approdare in un mondo "altro", in cui vorremmo collocarci per trovare una risposta adeguata ai nostri interrogativi - operazione di salvezza sempre attuale e sempre in atto?

Col Natale il disegno storico-salvifico di Dio conosce una inaudita novità. L’Eterno che aveva creato il tempo, ora egli stesso entra di persona nel tempo, superando l’abisso che lo separava da noi, venendo ad esistere sulla spiaggia del mondo.
D’ora in poi Dio farà storia insieme con noi; la nostra storia - ignominiosa e gloriosa, pacifica e violenta, piena di speranze e di terribili incognite - sarà storia anche di Lui.
E’ il piccolo Gesù di Betlemme, la fragile e umanissima apparizione di Dio, la teofania dell’Eterno dentro la nostra storia! Egli sperimenterà il tempo, proprio come noi: instabile, sfuggente, che logora fisico e spirito. Bisogna riconoscere che il bambino del presepio è l’incarnazione umana di Dio portata all’estremo delle possibilità. Quale sconcertante povertà! Eppure è proprio a quello stadio che Dio ha voluto farsi uomo; ha voluto passare anche Lui da lì!
Noi immaginavamo un Dio vincolato al suo essere infinito e incapace di poter essere qualcosa di diverso da se stesso, ma Betlemme ci sconvolge e ci rivela un Dio in libera uscita da se stesso, capace di diventare l’altro, il totalmente altro da lui, cioè l’uomo, senza smettere di essere colui che era da sempre!
Un Dio davvero imprevedibile, senza limite alcuno.


Così ci racconta l’evangelista Luca:
6Ora, mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto.
7Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c’era posto per loro nell’albergo.
8C’erano in quella regione alcuni pastori che vegliavano di notte facendo la guardia al loro gregge. 9L1n angelo del Signore si presentò davanti a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande spavento, 10 ma l’angelo disse loro: "Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: 11oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore. 12Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia".(Lc. 2,6-12).

Questo brano ci è molto noto. Sostiamo in contemplazione su queste cose note, che certamente suscitano emozioni profonde, ma che spesso rischiano di non avere tutta la loro capacità di far lievitare la nostra vita.
Teniamo presente che questa è la prima presentazione che Dio fa di se stesso al mondo. Siamo abituati a pensare Dio come dicono i filosofi delle religioni, come un Dio affascinante e tremendo: tremendo perché è troppo grande, e affascinante perché ci attira. Ecco: Lui ci si presenta tremante e fasciato, deposto in una mangiatoia.
Dio che è l’Altissimo e il grandissimo, è piccolissimo.
Lui che è la Sapienza, è infante.
Lui che è l’Onnipotente, è bisognoso di tutto.
Lui che è tutto, è niente.

Entriamo in questa contemplazione del Dio Bambino perché è proprio questo Dio Bambino che è il Salvatore, il tristo e il Signore.
"L’Angelo disse loro: oggi vi è nato…
L’Angelo è colui che dice la Parola di Dio, cioè è l’annuncio della Parola di Dio che ci fa capire il mistero di Dio. E’ solo la Parola che ce lo fa capire. E non tutti lo capiscono; lo capiscono per primi i pastori. I pastori nella cultura di Israele erano giudicati molto male sia dal punto di vista religioso, sia sociale.
Gli angeli spiegano il significato di ciò che è accaduto e dicono: "vi annunziamo una grande gioia; che sarà per tutto il popolo". In cosa consiste la "buona notizia?" "Oggi vi è nato".
Oggi!
E’ l’annuncio che ti fa capire ciò che è accaduto.
E qual è il segno che c’è il Salvatore, il Messia, Dio stesso?

Il segno della salvezza, il segno di Dio è il Bambino fasciato, deposto in una mangiatoia. E’ il segno indubitabile di Dio.

Quando la "Polvere si è fatta Carne".
"E il Verbo si è fatto carne".
Dio ricomincia da Betlemme: Il grande miracolo è che Dio non plasma più l’uomo con polvere del suolo, come fu in principio, ma si fa lui stesso polvere plasmata, bambino di Betlemme e carne universale. Da allora c’è un frammento di Logos in ogni carne qualcosa di Dio in ogni uomo. C’è santità, almeno incipiente, e luce in ogni vita. Dio accade ancora nella carne della vita, la mia, la nostra vita. Abita nei miei occhi, nelle mie parole, nelle mie mani, perché si aprano a donare
pace, ad asciugare lacrime, a spezzare ingiustizie. E se tu devi piangere, anche lui imparerà a piangere. E se tu devi morire, anche lui conoscerà la morte.
Ormai a Natale, terra e cielo si sono mescolati creatura e Creatore si sono abbracciati e, almeno il quel neonato di Betlemme, uomo e Dio sono una cosa sola. E quegli occhi sono gli occhi di Dio; è la fame di Dio, è l’umiltà di Dio.
"A quanti l’hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio". Senso ultimo della storia:per questo Cristo è venuto.
Dopo il suo Natale è ora il tempo del mio Natale: Cristo nasce perché io nasca. Nasca nuovo e diverso. La sua nascita vuole la mia nascita. Dall’alto. La Parola di Dio e come un seme che genera secondo la sua specie; genera figli di Dio: se appena viene accolta.
Accogliere, nostro compito umanissimo. L’uomo diventa ciò che accoglie in sè, l’uomo diventa la Parola che ascolta, l’uomo diventa ciò che lo abita. Vita vera, vita di luce è essere abitati da Dio. Ecco la vertigine: la vita stessa di Dio in noi. Questa è la profondità ultima del Natale.

Un Dio inatteso!

Ogni anno, quando la vita è immersa nel torpore dell’inverno, risuona la lieta notizia: "Il Verbo si è fatto carne; la vita ha preso dimora in mezzo a noi ". L’evangelista Luca si dilunga a raccontare il fatto. Per Maria non c’era posto nelle case costruite dagli uomini. E il riparo per lei, presa dalle doglie del parto, è offerto da una grotta scavata dalla natura sul fianco di un monte.
In questo tempo la folla è occupata negli acquisti e nei preparativi natalizi e non ha tempo per riflettere su questi avvenimenti. E se ha tempo non comprende. Cosa vuoi dire che il Verbo si è fatto carne? Chi lo ha chiamato ? Non abbiamo tempo per riflettere su queste cose.
Per Dio non c’era posto.
Così si ripete anche oggi la scena di Betlemme. Anche quest’anno dovrà nascere altrove!
Si dice che è venuto per salvarci. Salvarci da che cosa? In realtà avremmo bisogno di qualcuno che mettesse le cose a posto. Ci sono guerre conosciute e sconosciute, instabilità politica, litigiosità diffusa, violenza inaudita sui deboli e i piccoli, corruzione ecc. E se poi ci fermiamo alle nostre case vediamo le coppie che si separano, che divorziano perché l’amore è venuto meno o, forse, non è mai esistito; figli che vivono una libertà che sembra più un vuoto di valori che una vera
autonomia; giovani che attendono invano un posto di lavoro e una casa per sposarsi; anziani che soffrono sempre di più il vuoto di una vita che sembra inutile e priva di significato.

A Natale dobbiamo lasciarci sconcertare

Di fronte a queste situazioni concrete, siamo chiamati a riflettere, ad assumere le nostre responsabilità, a riscoprire il senso autentico della vita. Che cosa ha da dirci questo Natale? C’è un messaggio per noi da parte di questo Dio-Bambino che ci presenta in modo così sconcertante e dal quale sarebbe bene lasciarci tutti sconcertare?

Dio si presenterà sempre come l’inaspettato; non come Colui che ci sistema, ma come Colui che rompe le nostre sistemazioni, colui che viene come noi non prevediamo.
E’ un Dio che ci sorprende e che ci sorprenderà. Un Dio che ci si aspetterebbe di trovare tra i buoni, tra i santi, tra la gente di preghiera e invece si troverà a mangiare e bere con i peccatori.
Un Dio che ci sorprende con questa attitudine poco prevedibile, poco seria per il Dio che ci immaginiamo. E’ ancora un Dio inaspettato, che non si presenta su alcun trono, in potenza e in maestà, ma si rivela povero, malandato, irriconoscibile, sconosciuto ed in fila con i peccatori a farsi battezzare dal Battista. Dio potremmo cercarlo ovunque, ma mai ci si potrebbe immaginare di trovano sulla croce; lì l’uomo non lo cercherà mai, perché la croce è il luogo della maledizione, l’immondezzaio di Gerusalemme... .e invece egli si lascia trovare lì. E’ quindi un Dio che ci sorprende, e pretende che noi, di riflesso, si cambi.

E’ scomodo fin da Natale fare queste considerazioni. Al ricco Egli domanda di diventare povero, all’adultera offre la pace e non il giudizio dei farisei; a Pietro che lo ha tradito non domanda riparazione, ma amore; anche a Giuda dà il bacio dell’amicizia, e lo dichiara amico, non con ironia, ma con tristezza profonda.
Questa è la continua sorpresa alla quale ci prepara il Signore. E’ un Dio, quindi, che si presenta esattamente all’opposto delle attese che noi avanziamo verso di lui e che scombina le pretese che noi abbiamo nei suoi confronti.
Convertirsi fin da Natale, allora, significa lasciarsi prendere dalla sorpresa di Dio; non lasciarsi tentare di declassare Dio dentro le nostre sistemazioni, non fare di Dio il garante delle nostre tradizioni.
E’ un Dio che ci costringe permanentemente al dubbio su noi stessi, così da metterci nella situazione illogica dell’insicurezza: rispetto a noi, evidentemente, non certo rispetto a lui. Dio reclama il diritto di sorprenderci; egli è sempre altrove da dove noi immaginiamo che sia; non accetta le regole che noi gli imponiamo, ma avanza su di noi la pretesa delle proprie regole.
Gesù sconcerta Tommaso dicendo beato chi crede senza vedere; al fariseo obbediente e rigoroso alla legge, preferisce il pubblicano; ai sapienti contrappone i semplici e canta le beatitudini che fanno violenza alla logica dell’uomo.
Occorre accettare che questo nostro Dio, fin da Natale ci sconcerti; abbia il diritto di scombinare la nostra vita, di mettere il suo disordine dentro di noi, cioè di provocarci, così da mettere in questione il nostro pensare, il nostro vivere e il nostro decidere.
Vengano pure le luminarie, gli alberi stracarichi di palloncini e di regali, perfino il sempre benaccetto presepio.
Ma guai a scordarci del disegno globale del Vangelo di Gesù!
Bisogna patire la tentazione di liberarci di Dio: finché non ci inquieta in questo modo, rischia di essere il Dio dell’abitudine, il Dio previsto, il Dio che non ci sorprende più. Allora bisogna che questo Dio diventi in qualche modo "faticoso", così esigente, da essere pieno di pretese nei nostri confronti.
Solo in quel momento la nostra fede comincerà ad essere onesta, quando comincerà ad avere dubbi: vuoi dire che Dio ci sta inquietando, altro che belle luminarie e consumismi vari. Dovremmo invece sorprenderci quando non abbiamo dubbi, perché una fede senza dubbi è una fede senza Dio: Dio ha diritto di scomodarci, nel cuore, nella testa e nei fatti.
Convertirsi vuoi dire passare da noi a Lui; uscire fuori di noi offrendo a Lui la nostra insicurezza per trovare in Lui la sicurezza che è esattamente all’opposto di quella che noi intendiamo; noi dobbiamo diventare secondi perché Lui diventi primo; dobbiamo entrare in minoranza perché solo Lui e nessun altro ha diritto di maggioranza nella nostra vita.

Conclusione
Il Natale porta una realtà carica di profezia: Dio ci visita per una decisione seria, non semplicemente per una celebrazione, una ricorrenza, un ricordo, una tradizione.
La sottolineatura è percepibile per chi vive l’impegno della fede cercando di capire in cosa consista vivere di fede.
Il Natale è da vivere anzitutto come un incontro, non con un giorno, una cerimonia, una tappa, ma con una persona: la persona di Nostro Signore Gesù Cristo. E lo diciamo in modo quasi sommesso, per non violare, nella presunzione delle parole, la grandezza che dichiariamo. Del resto l’incontro non chiede semplicemente stupore e meraviglia per il fatto che Dio ha violato la distanza tra Lui e l’uomo.
L’incontro con un Dio che è venuto in mezzo agli uomini è perché accada una decisione. Il Dio che ci visita nel bambino inerme della grotta è un Dio che come abbiamo visto, è pieno di pretese nei nostri confronti: ci chiede di dichiararci a favore o contro di lui.
Il Natale dei cristiani non è l’incontro con un Dio qualsiasi, dal quale si può passare oltre, come se potesse non lasciare segno; è un incontro di cui scopriamo, nel Vangelo, esigenze senza fine.
Natale allora è nascere e crescere sulla linea di Cristo, attendendo il giorno felice quando questa crescita sarà compiuta pienamente.
Allora "Dio sarà tutto in tutti"(1 Cor. 15,28) mediante l’umanità recepita di Cristo e della sua opera che salva, perché "Egli sia tutto in tutti" (Col. 3,11).

Franco Mosconi